Frode informatica: chi è il Giudice competente.
Frode informatica: la competenza è radicata nel luogo in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto.
IL REATO DI FRODE INFORMATICA PRESENTA LA STESSA STRUTTURA E GLI STESSI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA TRUFFA. PERTANTO, COME LA TRUFFA, SI CONSUMA NEL MOMENTO IN CUI L’AGENTE CONSEGUE L’INGIUSTO PROFITTO CON CORRELATIVO DANNO PATRIMONIALE ALTRUI.
1. Premessa
La nuova figura di reato di frode informatica è stata introdotta nel nostro ordinamento penale dall’art. 10 della l. 547/1993 ed è disciplinata dall'art. 640 ter del codice penale, il quale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 ad euro1.032"Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
Le condotte penalmente rilevanti individuate dalla norma sono, quindi, sostanzialmente due: a) l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico o telematico, posta in essere con qualsiasi modalità idonea a colpire sia il software che l’hardware del sistema informatico stesso; b) l’intervento senza diritto sui dati, le informazioni o i programmi contenuti in un sistema informatico o telematico (quale, ad esempio, l’intervento illecito su dati e informazioni attinenti il sistema bancario).
2. Frode informatica e truffa: due fattispecie a confronto.
Il reato di frode informatica presenta la medesima struttura e i medesimi elementi costitutivi del reato di truffa previsto e punito dall'art. 640 c.p. , entrambe le fattispecie, infatti sono connotate dalla condotta di artificio o raggiro, che però nel caso della frode informatica si concretizza nell'alterazione del funzionamento di un sistema informatico o telematico o nell'intervento senza diritto sui dati, le informazioni o i programmi contenuti in un sistema informatico o telematico; in entrambe le figure di reato, inoltre, è richiesta la configurazione del dolo specifico consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno; infine, presentano il medesimo regime di procedibilità e profilo sanzionatorio.
Anche in relazione al momento consumativo del reato, la fattispecie delittuosa di cui all'art. 640 ter c.p. si consuma, al pari della truffa, nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto, pertanto è a tale momento che bisogna fare riferimento per stabilire il radicamento della competenza giurisdizionale.
3. Il problema della competenza: la posizione della Corte di Cassazione.
L’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il momento consumativo del reato di frode informatica è da individuarsi nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto è stato recentemente confermato dalla Corte Suprema di Cassazione Seconda Sezione Penale con la sentenza n. 10354/2020 pronunciata in data 5 febbraio 2020 e depositata il 17 marzo 2020 con la quale la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato da un imputato condannato per il reato di frode informatica, per aver prelevato abusivamente la somma di euro 250 da una carta poste pay ed averla accreditata su un’altra carta poste pay non sua, ma nella sua disponibilità, prelevando poi la ridetta somma appropriandosene.
Nel ricorso la difesa dell’imputato deduceva che la competenza territoriale sarebbe stata illegittimamente identificata dalla Corte di Appello di Torino nel luogo in cui il ricorrente avrebbe conseguito l’ingiusto profitto mentre, al contrario, avrebbe dovuto essere identificata nel luogo ove aveva sede il sistema informatico oggetto di manipolazione oppure in quello in cui si era consumato il depauperamento della persona offesa.
L’assunto difensivo, però, non è stato condiviso dalla Suprema Corte la quale ha invece avallato la giurisprudenza secondo cui "il reato di frode informatica ha la medesima struttura e quindi i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona (soggetto passivo), di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza della medesima, attraverso la manipolazione di detto sistema. Anche la frode informatica si consuma, pertanto, nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui”.
Con tale pronuncia, quindi, la Suprema Corte ha superato in maniera tranciante il precedente orientamento giurisprudenziale che identificava il luogo di consumazione della frode informatica nel luogo di esecuzione dell’attività manipolatoria del sistema.
La Corte ha sottolineato infatti che "la manipolazione del sistema informatico rappresenta una modalità speciale e tipizzata di espressione dei comportamenti fraudolenti necessari per integrare la truffa semplice: si tratta di una modalità della condotta che non esaurisce e perfeziona l’illecito che si consuma nel momento dell’ottenimento del profitto, come nella fattispecie generale”.
4. La frode informatica si consuma nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto.
Corretta dunque, a parere della Suprema Corte, la scelta della Corte di Appello di Torino di confermare la legittimità della competenza territoriale, individuando il momento consumativo del reato di frode informatica in quello del conseguimento da parte dell’agente dell’ingiusto profitto.
In conclusione il reato di frode informatica si consuma nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui, pertanto è quello il momento da prendere in considerazione per individuare il radicamento della competenza giurisdizionale.
Avv. Rosanna De Canio
Articolo scritto da: avv Rosanna De canio il 24/04/2020