Gli illeciti penali attraverso i social
La diffamazione attraverso i social network
L’uso ormai sempre più frequente e diffuso delle nuove tecnologie nel campo dell’informatica e della telematica ha comportato l’insorgere di nuove figure di illeciti denominati computer crimes, i quali si caratterizzano proprio per il fatto che gli autori dei comportamenti pericolosi o dannosi si muovono in un mondo virtuale, celandosi molto spesso dietro nomi di fantasia (cosiddetti nicknames) che consentono loro di poter dire o fare qualsiasi cosa senza assumersene la responsabilità.
In tal caso occorrerà risalire innanzitutto all’indirizzo di posta elettronica da cui è partita la dicitura o scrittura offensiva e quindi individuare il responsabile o attraverso indagini tecniche o attraverso indizi qualificanti che possano far ritenere determinate informazioni essere nel patrimonio solo di alcuni soggetti e non di altri.
Ipotesi di diffamazione ricorrono frequentemente poi con i post inseriti nella bacheca di Facebook e con i twitter ( in questo caso più difficile per il limitato numero di parole che ogni twit consente di utilizzare, 160)
I Social Networks, come è noto, consentono la realizzazione di reti sociali virtuali, in cui gli utenti possono connettersi e comunicare tra loro, condividendo informazioni personali, video, immagini e quant’altro, e purtroppo è proprio in questo ambiente virtuale che si consumano un enorme quantità di reati, tra cui il reato di diffamazione.
La regolamentazione e la punizione delle fattispecie illecite, in questi casi è sempre quella prevista dal nostro codice penale.
L’art. 595 c.p. punisce con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032 chiunque, fuori dei casi di ingiuria- oggi depenalizzata-, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione.
Detta norma prevede anche pene maggiori, nei casi in cui:
- L’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato (reclusione fino a due anni ovvero multa fino a euro 2.065).
- L’offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico (reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore a euro 516).
- L’offesa sia recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio (pene aumentate).
In particolare,per quel che ci riguarda, in relazione all’aggravante prevista nel caso in cui l’offesa all’altrui reputazione sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, si è recentemente pronunciata la Suprema Corte stabilendo che la diffusione di offese tramite i social network (nel caso di specie pubblicate sulla bacheca di facebook) integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, equiparabile a quella recata col mezzo della stampa.
Il caso oggetto della pronuncia ha visto come protagonista l’ex commissario straordinario della Croce Rossa, il quale è stato oggetto di diversi post dal contenuto offensivo pubblicati sulla bacheca di un componente della stessa associazione, accompagnati da una foto identificativa della persona offesa.
Ebbene la Corte di Cassazione con sentenza n. 8328/16 ha statuito che "anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595, comma terzo, del Codice penale, poiché la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone”.
Pertanto postare un commento offensivo su facebook, data la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la sua circolazione tra un gruppo numericamente apprezzabile di persone, integra l’ipotesi di diffamazione aggravata di cui all’art. 595 comma 3 c.p.
Né è necessario che vi sia la indicazione nominativa dell’offeso giacchè la riconducibilità del post offensivo alla reputazione di una determinata persona può essere ricavata anche da altri elementi.
Anche sul punto si è pronunciata di recente la Cassazione sez. Prima che con la massima del 16.4.2014 ha statuito che " Ai fini della integrazione del reato di diffamazione, anche a mezzo internet, è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa”.
In definitiva i social network sono una piazza virtuale nella quale occorre essere corretti e contenuti nei toni : le parole offensive di qualcuno contro altri sono leggibili da molti e quindi chi offende diffama ( e rischia la querela).
Le problematiche relative alla commissione dei reati attraverso i social network e le investigazioni che possono compiersi per risalire agli autori dei reati saranno temi sempre più diffusi nella società nelle aule giudiziarie.
Ecco la necessità di un monitoraggio costante in subiecta materia .
Avv. Rosanna De Canio
Articolo scritto il 23/02/2017