Il carcere (quasi) impossibile per le detenute madri
"Esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”
Il carcere (quasi) impossibile per le detenute madri
1 Normativa e ratio legis.
La norma dell’art. 274 comma 4 c.p.p.prevede che quando imputati siano una donna incinta o una madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, "non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”.
E la norma, in materia limitazione della libertà personale che richiede la sussistenza di requisiti molto severi in riferimento alla persona da sottoporre a misura, e cioè l’accusa deve provare non solo che il carcere è l’unica misura cautelare applicabile ma anche che il pericolo di reiterazione del reato sia elevatissimo tanto da sussistere una possibilità di recidiva che rasenta la certezza.
Tale particolare analisi del fatto e della persona indagata viene attuato, però solo in ipotesi eccezionali e cioè quando trattasi di :
a) Donna incinta;
b) Madre con prole inferire a sei anni con Lei convivente;
c) Padre con prole inferiore a sei anni, quando la madre è deceduta o sia assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.
d) Persona che abbia superato i 70 anni di età-
A partire dal giorno 1.1.2014 è entrata in vigore la riforma (L. 21 aprile 2011 n. 62) il riferimento alletà della prole fu aumentato dagli originari anni tre agli attuali anni sei.
La normativa che ci interessa si perfeziona poi con l’intervento che il legislatore del 2011, intese attuare sempre con la Legge n. 62 e cioè l’introduzione dell’art. 285 bis c.p.p. che prevede, nelle ipotesi di cui all’art. 275 comma 4, la possibilità per il Giudice procedente di disporre la custodia presso un Istituto a custodia attenuata per detenute madri.
Pertanto, in tali casi il carcere deve essere applicato non soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata ma anche quando ricorrono esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza”.
A rigor di codice quindi deve effettuarsi il seguente vaglio preventivo e prognostico:
1) Sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in riferimento al fatto reato ai sensi dell’art. 273 c.p.p comma primo;
2) Sussistenza di specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per cui si procede (art. 274 comma 1 lett.. a);
3) Previsione di una misura proporzionata all'entità del fatto e all'entità della sanzione che potrà essere irrogata (art. 275 comma 2);
4) Esclusione della possibilità che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (art. 275 comma 2 bis prima parte);
5) Previsione che, allesito del giudizio, la pena detentiva irrogata sarà superiore a tre anni ( art. 275 comma 2 bis ultima parte)
6) Giudizio di inadeguatezza delle altre misura cauteri diverse dal carcere (art. 275 comma 3)
7) Impossibilità a garantire le esigenze di cautela anche con la misura degli arresti domiciliari con procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (art. 275 bis c.p.p.)
8) Sussistenza di esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza” che consentano di escludere applicazione di misure diverse dal carcere.
La ratio della norma, a parere della dottrina, risiederebbe in due diverse considerazioni:
a) Minore pericolosità della donna incinta o del genitore con figlio in tenera età;
b) Necessità di assicurare al figlio minore l’ambito familiare e la presenza di almeno un genitore in grado di assicurare assistenza al fine di non interrompere lo sviluppo in itinere del minore.
2. La Giurisprudenza in materia
Illuminante per comprendere l’orientamento della Giurisprudenza in subiecta materia è la sentenza della Prima sezione penale della Corte di Cassazione n. 47861 del 3.10.2012 che ha stabilito detto principio: "La eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari richiesta dallart. 275 comma 4 c.p.p. per disporre o mantenere, nei confronti di madre di bambino in tenera età con lei convivente, la misura della custodia cautelare in carcere, nell'ipotesi in cui la misura custodiale sia stata applicata ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p. sussiste se il concreto pericolo di commissione di gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede sia elevatissimo, così da permettere una prognosi di sostanziale certezza in ordine al fatto che l’indagata, se sottoposta a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerebbe a commettere i predetti delitti” .
Quindi l’elevatissimo rischio di recidiva sembra essere il punto di riferimento dell’interprete.
La Giurisprudenza di merito e di legittimità ha ritenuto la esistenza questo rischio elevatissimo da situazioni varie e diverse tra loro.
A esempio nella Giurisprudenza di merito (Trib Roma sez. IX ord. del 5.11.2005) è stato ritenuto che "la trasgressione della misura cautelare degli arresti domiciliari, lo stabile inserimento in un noto contesto criminale, la gravità del reato contestato”, possano ritenersi elementi da cui desumente l’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari non tutelabili altrimenti che con il carcere.
La Corte di Cassazione, sez. II 2.12.2019 n. 48999, ha ritenuto che le eccezionali esigenze sono ravvisabili nella "serialità di comportamenti nel compiere reati contro il patrimonio, documentati da precedenti penali e di polizia, nonché "nella professionalità manifestata da alcune modalità della condotta, nella assenza di qualsiasi reddito da cui desumere che la commissione di reati contro il patrimonio fosse la sua fonte di sostentamento, ed infine nella circostanza che l’indagata fosse inserita in ambienti delinquenziali strutturati”.
Al contrario, Cass. sez. VI 10.10.2018 n. 43341 ha annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale del Riesame di Roma la ordinanza con la quale era stata disposta la misura più severa nei confronti di una donna con prole di 1 anno, accusata insieme al compagno di far parte di una associazione dedita al narcotraffico.
In tale caso il giudice della cautela aveva tratto gli elementi per ritenere sussistenti la eccezionale rilevanza” delle esigenze da "la scaltrezza della donna” ed in particolare per "la spregiudicatezza nel continuare nell'illecito commercio di stupefacenti anche quando il compagno si trovava agli arresti domiciliari” e dal fatto che stava pianificando un trasferimento fraudolento di denaro mediante l’acquisto e l’intestazione della titolarità di un autosalone”
Il Giudice di legittimità è intervenuto, invece, annullando la ordinanza e rilevando che vi era stata una applicazione distorta del concetto di eccezionalità tale da farlo coincidere con quello diverso di gravità.
La Corte ha poi ribadito che non si può ridurre l’ambito di operatività della norma di cui all'art. 275 comma già destinata a situazioni residuali e non si può obliterare l’intento del legislatore che è quello di tutelare la salute della donna incinta e lo sviluppo psico fisico dei minori anche in situazioni di accertata devianza penale dei soggetti interessati.
Altra sentenza ha ritenuto che la sussistenza delle esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza” debbono risultare da "concreti, specifici ed attuali elementi indiziari e debbono essere indicative dell’esistenza di un oggettivo pericolo che deriverebbe alla comunità dallo stato di libertà del soggetto” (Cass. sez. VI 23.2.2017).
Altra pronuncia (Cass. sez. I n.226 del 18.01.1995 ) fa riferimento ad uno "spiccatissimo ed allarmante rilievo dei pericoli ai quali fa riferimento l’art. 274 c.p.p”.
Anche Cassazione sez. II 13.3.2015 n. 10773 ha radicato le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza nella circostanza della "esclusiva e sistematica abitualità alla commissione di reati contro il patrimonio” da parte di persona gravata da numerosissimi precedenti per reati contro il patrimonio".
In materia vi era p
erò un precedente difforme, infatti Cass. sez. 2 22.10.2004 n. 41347 affermava la seguente massima ”nei confronti di una donna incinta, le esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza” che, ai sensi dell’art. 275 comma del cpp, consentono di applicare la misura cautelare della custodia in carcere devono consistere in puntuali e specifici elementi dai quali emerga un non comune, spiccato, allarmante rilievo dei pericoli ai quali fa riferimento l’ art. 274 c.p.p., non potendo farsi derivare le esigenze cautelari in questione dalla semplice constatazione di precedenti condanne e, tanto meno, di precedenti denunce”.
Molto restrittiva, e uniforme, invece la Giurisprudenza in tema di trasgressione delle prescrizioni in caso di applicazione della custodia domiciliare: "La trasgressione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari, giustifica anche nei confronti dei soggetti di cui all’art. 275 comma 4 c.p.p. la sostituzione della misura in atto con quella della custodia cautelare in carcere, senza necessità di verificare la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza” ( Cass. sez. III 12.2.2014 n. 10260)
E ancora "In tema di violazione degli obblighi imposti con gli arresti domiciliari precedentemente concessi ad uno dei soggetti contemplati nell’art. 275 comma 4 c.p. nonostante la necessità di bilanciare la cautela con le esigenze di tutela di particolari condizioni personali, la trasgressione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari palesa una situazione nella quale la sussistenza di dette condizioni perde effettivo rilievo, in quanto risulta evidente che esse non impediscono comunque l’elusione delle regole dettate per la misura meno afflittiva, giustificandosi la revoca dei domiciliari e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere” (Cass. sez. III cit.)
3. Le esigenze cautelari gravi ed eccezionali: quali i punti di riferimento per la loro sussistenza
L’orientamento giurisprudenziale in materia appare quindi abbastanza chiaro nonostante alcune oscillazioni della Giurisprudenza.
Non è sufficiente, per i soggetti di cui all’art. 274 comma 4, la gravità del fatto ma occorre sicuramente un "quid pluris” e cioè la "certezza (come scrive Cass. sez. I n. 47861 del 3.10.2012) che l’indagato, se sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerebbe a compiere delitti.
Certezza che non può derivare soltanto dalla "gravità del fatto commesso”, ma che deve emergere anche da altri elementi concreti e precisi.
Ecco perché la Giurisprudenza riconosce la eccezionale rilevanza nella circostanza che venga tratta in arresto una rapinatrice seriale, priva di reddito e che, quindi nella ipotesi di collocazione agli arresti domiciliari potrà ritornare a compiere reati contro il patrimonio, mentre non la riconosce in una donna accusata di associazione dedita al narcotraffico ma la cui organizzazione risulta "disarticolata a seguito della ordinanza”.
In riferimento alla gravità del fatto pare che la Giurisprudenza sia solita non tenerne conto, per la sussistenza delle rilevanti esigenze, a meno che la gravità in questione non sia associata ad una ripetitività di comportamenti che facciano ritenere che la persona con una probabilità che rasenta la certezza possa tornare a compiere comportamenti delittuosi.
La gravità in sé per sé non incide sulla valutazione di eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari.
La gravità e anche l’efferatezza di alcuni delitti e soprattutto di quei delitti maturati in contesti familiari o nell'ambito di relazioni sentimentali, ed a causa di situazioni di stress e tensione non ripetibili, non sembra possano determinare l’eccezionale rilevanza giacchè quella situazione di tensione e stress non è più esistenti dopo la commissione del delitto, anche se trattasi di delitto di sangue ( come l’omicidio o il tentato omicidio).
E d'altronde il caso esaminato dalla sentenza della Prima sezione penale della Cassazione ( la n. 47861 del 3.10.2012) riguardava proprio il caso di una donna che aveva pianificato, insieme a dei complici, la uccisione di un uomo, e che poi era stata scoperta e fermata prima del delitto grazie alla confessione di uno dei correi effettuata poco prima che iniziasse l’opera di attuazione del piano criminale.
L’eccezionale rilevanza significa sostanziale certezza prognostica che l’indagato, se sottoposto a misure diverse dalla custodia in carcere, continuerà a commettere delitti.
4.considerazione conclusiva.
Un ultima considerazione, per concludere: ancora una volta il legislatore continua a studiare eccezioni al carcere per questo tipo di persone nel momento in cui su di loro ricadono gravi indizi di colpevolezza, mentre a parere di chi scrive sarebbe necessario invertire l’approccio alla materia ed istituire un profilo più garantista, e cioè non prevedere mai il carcere per le imputate donne e prevedere solo eccezioni a questa regola per particolari casi.
Cioè, invece di prevedere il carcere e porre in essere tutta una serie di deroghe al carcere, sarebbe più logico abrogare il carcere per le donne e prevederlo soltanto in particolarissimi casi.
Tale tesi fu da me sostenuta la prima volta in un convegno a Bari a novembre 2016 ("La condizione femminile nelle carceri” si veda l’articolo "abrogare il carcere per le donne” in www.avvocatocastellaneta.it sezione diritto e ragione) nella convinzione che in tale maniera si riuscirebbe davvero a tutelare i diritti dei minori, del loro sviluppo psico fisico allorchè si trovano ad essere coinvolti, loro malgrado in una vicenda penale che non li riguarda ma che ricade su di loro pesantemente.
Naturalmente la regola sarebbe applicabile anche in caso di esecuzione di una pena definitiva ed eviterebbe di detenere in carcere, insieme alle madri condannate, minori inconsapevoli.
Tanto anche per l’ovvia considerazione statistica che le donne in carcere sono una minoranza e che quindi il complesso mondo di donna e madre in esecuzione pena può essere gestito in maniera differente dalla detenzione, anche perché la donna in carcere più facilmente tenta di riappropriarsi di quella identità e di quei ruoli che la società le attribuisce anche se quando era in libertà non sempre li aveva accettati e vissuti ( figlia, moglie e madre).
Gli Istituti a custodia attenuata, potenziati e trasformati in collegi veri e propri, potrebbero essere la soluzione migliore per contenere la cautela o per espiare comunque una pena tendente alla rieducazione senza violare i diritti dei figli della condannata
Avv. Filippo Castellaneta
Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 12/04/2020