Misure sostitutive della detenzione art.73 comma 5 bis d.p.r. 309/90. Durata della sanzione sostitutiva.
La Cassazione conferma : per l’art. 73 comma 5 bis due ore di lavoro sostitutivo corrispondono ad 1 giorno di carcere e il lavoro deve avere una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata.
L’art. 73 comma 5 bis del T.U. sugli stupefacenti (DPR 309/90) stabilisce : “Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui all’articolo 73 commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274 con le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l’Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità”.
Detta norma poi stabilisce che il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a giorni 10 e superiore a mesi 6 (comma 2), e che “ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione , anche non continuativa di due ore di lavoro”.
Tuttavia l’art. 73 comma 5 bis contiene una eccezione a tale principio e stabilisce che in deroga a quanto previsto dall’art. 54 decreto legislativo n. 274/2000 il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quello della sanzione detentiva irrogata.
La Corte di Cassazione, prima sezione penale sentenza n. 30089 del 26 giugno 2009, in applicazione del principio di cui al citato art. 54 D.Lgs. 274/2000, ha cassato una pronuncia del giudice di merito che aveva considerato una giornata lavorativa di 6 ore pari ad un giorno di lavoro e non a tre e commutando una condanna amesi 5 e giorni 20 di reclusione aveva previsto che la pena cessasse il 9 luglio 2012.
Inoltre, la sentenza della Cassazione ha statuito che occorre tener presente della deroga all’art 54 effettuata da comma 5 bis dell’art. 73 del DPR 309/90 e cioè che “ il lavoro di pubblica utilità debba avere una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata”.
Ora, poiché nel caso di specie l’interessato aveva da espiare una condanna a mesi 5 e giorni 20 (residuo pena detratta la custodia cautelare in carcere) la Suprema Corte ha sancito che “ il lavoro sostitutivo non potrà “durare” oltre i cinque mesi e venti giorni della pena detentiva comminata. E il giudice della esecuzione dovrà tenere conto che la prestazione di due ore equivale ad un giorno e che tempi e modalità del lavoro non dovranno pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato”.
Così argomentando la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato mandando al Tribunale a quo per un nuovo esame in ossequio ai principi affermati.
E’ evidente, allora, che il giudice di merito dovrà prevedere la misura sostituiva considerando che ogni due ore di lavoro sostituiscono un giorno di carcere e che il lavoro sostitutivo non può superare come durata i mesi 5 e giorni 20 di pena detentiva da scontare.
E’ lecito attendersi, quindi, la previsione di quattordici ore settimanali che equivalgano a 7 giorni di carcere per settimana in maniera tale da rispettare il limite dei mesi 5 e giorni 20 di durata della sanzione sostituiva.
La sentenza, a parere di chi scrive, attua i principi garantistici del rispetto della persona condannata, della finalità rieducativa e non meramente afflittiva della pena e della finalità del reinserimento sociale del trattamento sanzionatorio.
Avvocato Filippo Castellaneta