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Reato continuato e patteggiamenti. Contrasto in Cassazione sul ruolo del Giudice.

Reato continuato e patteggiamenti. Contrasto in Cassazione sul ruolo del Giudice.

Reato continuato e patteggiamenti : la Cassazione in contrasto sul ruolo del Giudice dell’Esecuzione 

1. La normativa in materia di applicazione dell’art. 81 c.p. in fase esecutiva.

Qualora il giudice della cognizione non abbia escluso l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato  tra reati commessi dalla stessa persona, è possibile chiedere l’applicazione dell’art. 81 c.p. in fase esecutiva.
La disciplina, per tali casi, casi è contenuta in alcune norme del codice di rito penale.

L’art. 671 c.p.p stabilisce che :
" Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione”.
L’art. 137 comma 2 disp. att. c.p.p. stabilisce :
" La disciplina del concorso  formale e del reato continuato è applicabile anche quando concorrono reati per i quali la pena è applicata su richiesta delle parti e altri reati”.
L’art. 188 disp att. c.p.p. recita: 
"..nel caso di più sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona, questa e il pubblico ministero possono chiedere al giudice della esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato ( art. 671 c.p.p.), quando concordano sulla entità della sanzione sostitutiva o della pena detentiva, sempre che questa non superi cm0plessivamente cinque anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, ovvero due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, nei casi previsti nel comma  1bis dell’ articolo 444 del codice. Nel caso di disaccordo del Pubblico Ministero, il giudice se lo ritiene ingiustificato, accoglie ugualmente la richiesta ”.
 Questo è il recinto normativo, espresso dal codice di procedura penale, entro i cui confini inserire  le richieste di applicazione del concorso  formale di reati sfociati in sentenze di condanna in procedimenti  diversi contro la stessa persona. 
Il Giudice  ha un ampio margine di valutazione  nella ipotesi in cui  deve valutare la esistenza della continuazione criminosa o del concorso formale di reati tra ipotesi delittuose vagliate nel merito: il Giudice ha ampia discrezionalità valutativa  e può rideterminare la pena con il solo limite della somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o decreto (art. 671 comma 2).
Il contesto muta, però, se le pene, oggetto di valutazione in fase esecutiva, sono state applicate con sentenze di patteggiamento.

2.La continuazione tra due o più sentenze di patteggiamento  

Come riferito  sopra in tale ipotesi la parte ( ossia l’imputato – condannato attraverso il suo  difensore) concordano una pena da applicare, considerando la ipotesi di reato più grave ed effettuando l’aumento per la continuazione in applicazione dell’art. 81 c.p..
Tale norma, al comma 1,  infatti stabilisce che " E’ punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione  di legge” , e prevede al  secondo comma che " Alla stessa pena soggiace chi con più azioni o od omissioni. esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge”.

Quindi : Difesa e PM concordano ed il Giudice ratifica accettando la negoziazione offerta dalle parti o rigettandola.
Sui poteri ( e i limiti) di intervento del Giudice della esecuzione  è ravvisabile un contrasto giurisprudenziale.

3. Le due soluzioni interpretative ravvisabili nella Giurisprudenza della Cassazione.

Infatti, di recente, Cassazione I sezione  penale con sentenza n. 18233 del 2/4/2014 (ricorrente Costanzo)  ha stabilito che : "quando è richiesta la applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato in riferimento a più sentenze di patteggiamento, il giudice dell’esecuzione non può fare esercizio degli ordinari poteri valutativi di cui all’art. 671 c.p.p ed individuare la pena in misura diversa da quella negoziata dall’interessato e il pubblico ministero, poiché l’autonoma regolamentazione dettata dal’art. 188 disp. Att. c.p.p.  consente un intervento modificativo sul giudicato, formatosi a seguito di un negozio processuale fra le parti, soltanto per effetto di una successiva loro pattuizione, salvo il caso di dissenso ingiustificato dell’ufficio requirente”.
Vale  a dire,   il Giudice dell’esecuzione, secondo questa interpretazione,  ha due possibilità : 
1) accettare e ratificare il negozio sulla pena effettuato da Difesa e PM;
2) non accettare quanto stabilito dalle parti processuali e rigettare la richiesta.

A fronte di questa soluzione interpretativa ve ne è un’altra, difforme, pure menzionata e vagliata  dalla sentenza Costanzo.
Infatti,  Cass. Sez. V 8 giugno 2012 n. 28532 aveva in precedenza statuito :  nella ipotesi di una istanza di riconoscimento della continuazione fra reati giudicati con distinte sentenze di applicazione di pena su richiesta, il giudice dell’esecuzione può comunque prescindere dal computo indicato dalla parte che promuove l’incidente se ritenuto incongruo ( anche laddove sia stato  acquisito il consenso del Pubblico Ministero, ed a fortiori qualora il consenso non vi sia), e determinare la pena complessiva, una volta ravvisata la identità del disegno criminoso fra i vari addebiti, in base ai criteri generali dettati  dall’art. 671 c.p.p.”.
Unico limite al giudicante sarebbe quello di non eccedere i limiti edittali di 5 e 2 anni di reclusione previsti dall’art. 444 coma 1 e dall’art.. 444 comma 1 bis.
Questo secondo orientamento, ritiene che il Giudice sia comunque sovrano nella decisione finale e possa quindi riformulare e rideterminare  quanto Difesa e Pm hanno concordato e non limitarsi a respingere l’accordo .
La sentenza Costanzo ha affrontato le tematiche poste dalla decisione precedente ed ha replicato ritenendo che la interpretazione difforme (quella contenuta  nella sentenza 28532/2012) svuoterebbe di contenuto l’art. 188 disp. Att. c.p.p. che è da considerarsi norma speciale rispetto al precetto generale contenuto nell’art. 671 c.p.p..
Inoltre ,aprere dei giudici della I sezione penale della Suprema Corte, l’eventuale diniego sic et simpliciter all’accoglimento  della istanza non impedisce all’interessato di riproporre la istanza prevedendo una pena finale più alta rispetto a quella oggetto del negotium rigettato dal Giudice dell’esecuzione. 

4.Considerazioni finali : necessità di una interpretazione che garantisca il diritto del richiedente ad una decisione in tempi ragionevoli.

Non possiamo prevedere se la questione sarà prima o poi rimessa alle Sezioni Unite.
Tuttavia  alcune considerazioni vanno fatte.
La differenza tra le due soluzioni è sottilissima ma può avere ripercussioni sul piano  pratico.
La maggior parte (se non la totalità) degli incidenti di esecuzione sono promossi  da imputati - condannati che aspirano ad uno sconto di pena con il riconoscimento del concorso formale e il successivo rimodellamento ( in melius) dell’impianto sanzionatorio.
Da un canto appare ovvio che eliminare la possibilità al Giudice di "decidere” sembra un contro senso giacchè la sua posizione è proprio quella di organo terzo votato a dirimere le questioni insorte tra le parti. 
D’altro canto, tuttavia, non può non riconoscersi che  il patteggiamento rappresenta un momento  negoziale affidato alle due parti del processo penale e l’art. 188 disp attuazione appare come un  prolungamento, in fase esecutiva, delle possibilità di definizione  negoziale del procedimento affidato dal codice alle parti.
E’ vero, però, che il Giudice , come previsto dall’art. 444 comma 2 e dall’art. 448 (a seconda delle fasi processuali) nel pronunciarsi può anche rigettare la richiesta di definizione anticapata del procedimento, sicchè è giustificato che in caso di disaccordo del Pubblico Ministero,  il Giudice ( come prevede l’ultima parte dell ‘art. 188 disp att.  può accogliere comunque la richiesta.
Queste, schematicamente, le ragioni di diritto a sostegno dell’una o dell’altra tesi.
A questo punto forse le ragioni più pregnanti (e quelle che incidono in maniera diretta ( e garantista)  sul diritto del condannato di vedersi riconoscere per tempo il diritto ad ottenere la declaratoria di reato continuato)  sono quelle legate all’economia processuale: evitare  che il Giudice intervenga sulla applicazione in concreto del trattamento sanzionatorio significa svuotare di contenuto  il potere decisorio a quest’ultimo affidato dalla legge e dal codice e indurre l’interessato a riproporre nuova istanza per la definizione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento  della continuazione tra due o più reati.
E tanto a discapito della necessità di definizione celere di procedimenti  (nella quasi totalità dei casi) riguardano la libertà delle persone o la entità  di pena detentiva che ognuna di esse  deve ancora scontare con necessari ed ineludibili effetti sulla possibilità di accesso alle misure alternative.
La prassi, purtroppo, ci ha abituato a casi di richieste  di incidente di esecuzione per le quali il parere del Pm o la fissazione della udienza subiscono rallentamenti  inaccettabili.
In conclusione riteniamo, quindi,  che il Giudice debba poter emettere, in tempi brevi, atteso che la ragionevole durata del procedimento esecutivo de quo incide direttamente sul diritto di libertà dell’imputato, un provvedimento definitorio ( ed impugnabile) della richiesta  avanzata in maniera tale da garantire il diritto dell’imputato ad ottenere, per tempo, il riconoscimento del reato continuato o comunque una decisione impugnabile e, in ogni caso,  ripresentabile in termini diversi.
La bussola che dovrebbe guidare i Giudici, in definitiva, deve sempre essere quella di garantire alla richiedente  persona richiedente il diritto di libertà attraverso il diritto alla  applicazione di una pena legale, giusta e congrua.

Avv Filippo Castellaneta  

Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 03/01/2015
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