Il
diritto dell’imputato assolto ad ottenere il rimborso da parte dello Stato
delle spese legali sostenute per la difesa.
"Si poteva fare di più”.
1.
Premessa
Essere sottoposti ingiustamente ad un
processo penale è già di per sé un’esperienza traumatica, capace di sconvolgere
totalmente l’intera esistenza di un individuo. Alle conseguenze di carattere
psicologico, lavorativo e familiare che fanno seguito alla circostanza di
assumere la veste di imputato in un processo penale, si accompagnano inoltre
anche quelle di carattere economico, che consistono principalmente nelle spese
legali sostenute per garantirsi una difesa tecnica adeguata.
In effetti, se al termine dei tre gradi
di giudizio l’imputato si ritroverà ad essere dichiarato assolto, non solo avrà
subito possibili gravi perdite in termini di lavoro, reputazione, affetti e socialità
ma altresì perdite economiche connesse al pagamento del proprio difensore.
Per tali ragioni, è stato recentemente approvato
dalla Camera un emendamento alla Legge di Bilancio, che prevede lo stanziamento
di 8 milioni di euro all’anno per rimborsare parzialmente (fino ad un tetto
massimo di 10.500 euro) le spese legali sostenute dagli imputati assolti con formula
piena e con sentenza passata in giudicato, attraverso una detrazione di
imposta.
In sostanza è prevista l’introduzione
nel Codice penale dell’art. 177 bis rubricato "Risarcimento economico degli
imputati assolti con sentenza penale passata in giudicato”, che darà la
possibilità agli imputati assolti al termine di un processo penale di essere
rimborsati delle spese legali sostenute.
2.
Presupposti
e modalità per ottenere il rimborso delle spese legali.
Potrà ottenere il rimborso delle spese
legali sostenute per assicurare la propria difesa tecnica, l’imputato che sia
stato assolto "perché il fatto non sussiste”, "perché non ha commesso il fatto”,
"perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come
reato”.
Non ne avrà diritto, invece, l’imputato
assolto da uno o più capi di imputazione e condannato per altri, né l’imputato
di un reato estinto per intervenuta amnistia o prescrizione o per intervenuta
depenalizzazione della condotta.
La sentenza di assoluzione, inoltre,
dovrà essere irrevocabile e dunque dovranno essere esauriti tutti i gradi di
giudizio, e l’irrevocabilità dovrà essere intervenuta successivamente all’entrata
in vigore della Legge di Bilancio.
Infine, la richiesta di rimborso dovrà
essere corredata dalla fattura del difensore (con attestazione dell’avvenuto
pagamento), dal parere di congruità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
appartenenza, nonché dall’attestazione della cancelleria di irrevocabilità
della sentenza ed il rimborso verrà corrisposto in tre quote annuali a partire
dall’anno successivo all’assoluzione definitiva per un importo massimo fissato
in 10.500 euro.
3.
La politica si accorge che gli
imputati, a volte, sono "vittime” del
processo.
L’art. 177
bis c.p. è un piccolo segnale verso il riconoscimento
del sacrificio, anche economico, patito da chi subisce ingiustamente un
processo penale.
La politica
si è ufficialmente accorta che subire un processo penale non è proprio una
bella cosa soprattutto se la prova della responsabilità penale non c’è, e c’è
bisogno, magari, di tre gradi di giudizio per dimostrarlo e notevole impegno e
sacrificio da parte dei difensori cui si continuano a limare, e limitare le possibilità di difendere con armi pari
rispetto a chi accusa.
Eppure il Ministero di Giustizia sa benissimo che ogni
anno, lo Stato sborsa centinai di milioni per riparare agli errori giudiziari o
per la ingiusta detenzione a favore di imputati addirittura sottoposti a custodia
cautelare e poi assolti!
La normativa appare,
però solo un palliativo propagandistico per dimostrare che il Governo dei
populisti, il Governo delle leggi che limitano le garanzie dell’imputato, il
Governo che ha previsto il "fine processo mai”, è altresì benevolo (!) nei confronti di chi
viene assolto dopo aver sudato sette camice e anticipato corpose spese legali.
Le criticità della norma sono diverse,.
Innanzitutto, il tetto massimo del rimborso è pari ad € 10.400,00 (oneri inclusi) e pensate a quell’imputato che ha dovuto subire tre gradi di processo e magari un procedimento cautelare incidentale.!Sicuramente avrà speso di più di questa cifra!
Va ricordato, inoltre, che la "dotazione" di € 8 milioni annui destinati tale fondo appare insufficiente ed in caso di mancanza di fondi occorrerà "mettersi in coda".
Lo Stato poi non rimborsa. Affatto!
Lo Stato, detrae dalle
tasse imposte che l’imputato assolto deve pagare dopo l’assoluzione.
Lo Stato poi non
paga subito (e quando mai?). Bensì, paga
"a rate” in tre anni .
In
definitiva: l’imputato che dopo alcuni anni raggiunge l’obiettivo di aver
ottenuto la sentenza di assoluzione, chiede allo Stato il rimborso che, se ottenuto
, avviene nei tre anni successivi alla approvazione attraverso la decurtazione
delle imposte sul reddito da pagare.
Ossia, per
ottenere il rimborso (forse parziale) di quanto anticipato il cittadino ex
imputato, deve aspettare anni e il rimborso lo ottiene pagando meno imposte
sull’ulteriore reddito da Lui stesso prodotto.
Un modesto passo in avanti certo. Ma la di là della propaganda, viene sponaneo affermare: "Si poteva fare di più”.
Avv. Rosanna
De Canio
avv. Filippo Castellaneta