Un nuovo paradigma: la giustizia riparativa.
LA GIUSTIZIA RIPARATIVA: IL PARADIGMA RIPARATIVO NELL’ATTUALE SISTEMA PROCESSUALE
1.La riforma Cartabia: la figura della vittima nel processo penale
Con la riforma del processo penale, avvenuta con la L. 27 settembre 2021, n. 134 «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», c.d. "Riforma Cartabia”, si è introdotta per la prima volta una cornice normativa su un paradigma di giustizia già ampiamente diffuso e disciplinato a livello europeo ed internazionale.
Più precisamente la riforma risponde a quelle esigenze di adeguamento normativo degli stati membri voluto dal Parlamento e dal Consiglio Europeo con la Direttiva 2012/29/UE (recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), la quale, dando attuazione ad uno dei principali punti del Programma di Stoccolma, persegue l’obiettivo di garantire alle vittime di reato informazione, assistenza e protezione adeguate e possibilità di partecipazione ai procedimenti penali.
E nel recepimento dei specificati obiettivi che la Riforma Cartabia, nel favorire un adeguato standard di tutela della vittima, sia nel processo che fuori di esso, si è imposta in compito di rendere concreta l’opportunità di ricorrere ai servizi di giustizia riparativa.
L’art 18 Legge n. 134/21 rende, dunque, possibile l’adesione all’approccio riparativo "in ogni stato e grado del procedimentale penale”, potendo far ricorso ai programmi di giustizia riparativa sia nella fase pre-processuale, onde consentire l’archiviazione del procedimento, sia nella fase del giudizio, sia, da ultimo, nella fase esecutiva, ove potrà incidere sulla concessione di benefici legati alla sospensione della pena ovvero a misure alternative di esecuzione della pena detentiva.
2. Il Nuovo Paradigma di giustizia
La "restorative justice” è un paradigma di giustizia volto ad innovare la risposta al crimine, mettendo in connessione le persone coinvolte dal reato (vittima- autore del reato) attraverso tecniche che valorizzano la sfera emozionale della comunicazione, al fine di riparare quel legame indebolito dal conflitto.
Il modello riparativo, che si contrappone a quello retributivo- repressivo, mira, quindi, sia al ripristino della comunicazione tra vittima e autore del reato e ad una riconciliazione di questi con la comunità, sia alla riparazione del danno, nonché all’assunzione di responsabilità da parte dell’autore del reato.
La riforma, nell’esigenza di dare piena attuazione alla Direttiva 2012/29/UE, ha posto l’attenzione sulla vittima nella prospettiva di garantire una sua tutela attraverso la riparazione e, quindi, mediante un percorso volto a recuperare quel senso di sicurezza smarrito inconseguenza della perpetrazione dell’illecito penale.
L’obiettivo è, infatti, quello di diminuire il rischio di una vittimizzazione secondaria, con misure concrete di sostegno per la protezione e l’assistenza delle vittime di reato.
Per assecondare i bisogni informativi della vittima, anche il decreto attuativo stabilisce che si può accede ai programmi di giustizia riparativa solo con il consenso libero, consapevole, informato delle parti ed espresso in forma scritta.
Seppur revocabile in ogni momento, il consenso è raccolto dal mediatore nel corso del primo incontro, anche alla presenza del difensore della vittima del reato o della persona indicata come autore del reato, se le stesse lo richiedano.
3. Il programma di riparazione: principi e obiettivi della mediazione penale
Il Consiglio dei Ministri, in sede di esame preliminare, ha approvato lo scorso 4 agosto lo schema di Decreto Legislativo recante l’attuazione della Legge n. 134/201 (Riforma Cartabia) ed ha inserito, al titolo IV, la disciplina organica della giustizia riparativa.
In pieno recepimento alla già richiamata Direttiva 2012/29/UE, lo schema di Decreto Legislativo, all’art 42, definisce la giustizia riparativa come un "programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore” e stabilisce come obiettivo quello di promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come l’autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità.
L’art 44, inoltre, nel fissare i principi sull’accesso ai programmi di giustizia riparativa, conferma l’accessibilità senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità e,soprattutto, ne riconosce l’accessibilità in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza.
È estesa, altresì, l’accessibilità anche all’esito di una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per difetto della condizione di procedibilità o per l’intervenuta causa estintiva del reato.
Al terzo comma si stabilisce che"Qualora si tratti di delitti perseguibili a querela, ai programmi di cui al comma 1 si può accedere anche prima che la stessa sia stata proposta”; estensione di accessibilità che permette l’individuazione e il riconoscimento della vittima anche a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale, in pieno recepimento a quanto stabilito dall’art. 8 comma 5 Direttiva 2012/29/UE.
La formulazione della norma consente, dunque, il riconoscimento della vittima per il solo fatto che sia stato commesso un reato, anche quando la qualificazione giuridica del fatto non sia stata formalizzata.
Inoltre, tra le garanzie riconosciute dal decreto vi rientrano la confidenzialità delle dichiarazioni rese nel corso del programma di giustizia riparativa e la loro inutilizzabilità nel procedimento penale e nel corso dell’esecuzione, fatto salvo, in virtù del disposto di cui all’art 51, il diverso consenso delle parti o la necessità di evitare la commissionedi reati o, addirittura, il caso in cui la dichiarazione integri di per sé reato.
La norma consente di cogliere a pieno l’essenza del percorso riparativo, nel quale le parti coinvolte possono ricreare un ambiente confidenziale nel quale sentirsi libere di manifestare le proprie emozioni, di narrare il fatto e le circostanze che le stesse parti sentono di poter condividere e, quindi, esprimere la propria verità e, ove possibile, ricostruire una comune verità attraverso il dialogo.
L’art 54, al comma 1, dispone che l’incontro tra i partecipanti ai programmi di giustizia riparativa sia preceduto da uno o più contatti con il mediatore e da colloqui tra il mediatore e ciascuno dei partecipanti, che sono diretti a fornire le informazioni relative all’accessibilità al percorso riparativo, nonché a verificare la fattibilità del programma. L’incontro, inoltre, è il momento fondamentale per raccogliere il loro consenso.
Riguardo agli esiti riparativi, il decreto attuativo prevede che, in caso di esito positivo del programma riparativo, la riparazione può essere sia simbolica che materiale, specificando che quella simbolica può comprendere dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, o anche accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi.
Con l’esito materiale l’autore del reato può impegnarsi al risarcimento del danno, alle restituzioni, nonché ad adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori.
L’autorità giudiziaria, oltre ad attivare su sua iniziativa il programma riparativo, ne valuta anche lo svolgimento, nonché, in relazione alle finalità di cui all’articolo 133 del codice penale, l’eventuale esito riparativo.
Inoltre, la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa.
4. Conclusioni
Il percorso riparativo è un paradigma di giustizia con il quale le parti coinvolte, attraverso il dialogo, l’ascolto empatico e l’identificazione ai valori comuni, possono giungere ad un riconoscimento reciproco.
L’esito positivo di questo percorso valorizza l’importanza dell’obbligo riparativo, poiché tale onere, non solo consente di ridare dignità alla vittima del reato, al suo dolore e ai suoi bisogni, ma rappresenta anche l’occasione per riconoscere all’autore del reato un serio percorso di responsabilizzazione, quale fattiva occasione per maturare e concretizzare una posizione di sé stesso rispetto al danno cagionato.
Attraverso la vittima, l’autore del reato può comprendere la norma violata, da intendersi, non come norma astratta, ma quale compromissione dell’altro e del dolore che ne è derivato.
Il percorso riparativo può, quindi, concretamente favorire la comprensione degli effetti negativi della condotta criminosa e il raggiungimento di questa consapevolezza può eliminare il pericolo di recidiva e favorire una più consapevole riconnessione dell’autore del reato alla società.
Avv. Giuseppina Bruno
Articolo scritto da: avv. Giuseppina Bruno il 04/09/2022