Investigazioni del difensore ed evoluzione normativa e tecnologica
Le investigazioni difensive e l’evoluzione normativa e tecnologica
1. Il difensore peritus peritorum.
Scriveva il filosofo Popper che dobbiamo sempre essere disposti a verificare un asserto anche se questo è sostenuto da mille e mille esperienze, può sempre risultare necessaria una sua revisione anche radicale.
Citava ad esempio il caso dell’asserto "Il sole sorge almeno una volta ogni 24 ore in ogni angolo della terra”.
Non è vero perché in Norvegia, in Svezia e nel circolo polare artico il sole in alcune giornate non compare affatto.
Ma chi, nel medioevo "osava” affermarlo veniva affermarlo veniva etichettato "pazzo”.
Mai tacciare di follia o di assurdità le ipotesi alternative ma occorre, invece, verificare ogni ipotesi.
Il difensore quindi deve instaurare un rapporto efficace, importante e ponderato con i dati che vengono immessi nel processo penale, nonché con la scienza a e con il metodo scientifico, che molte volte quei dati forniscono, comprendendo che tutto può essere falsificabile e che non esistono verità assolute e che, come corollario consequenziale, gli "esperti” di ogni settore devono essere scelti con cura estrema.
E qui che si intravede e comprende come sia richiesta una professionalità maggiore a quel difensore che debba cimentarsi nello svolgimento di "indagini difensive”, ossia quella professionalità capace di saper svolgere l’attività di investigazione difensiva comprendente quella basilare di saper scegliere la "squadra” di esperti e quindi di esserne il regista, ossia colui che decide le strategie per contrastare l’assunto probatorio avverso oppure per costruire validamente l’assunto probatorio difensivo da introdurre nel dibattito processuale.
La necessità per l’avvocato penalista di avvalersi di compiute e specifiche competenze tecniche nel processo penale è avvertita in maniera sempre più preponderante.
Nessun penalista può validamente effettuare un processo per bancarotta, o colpa medica, o colpa per incidente stradale, e neanche per stalking telematico o per maltrattamenti o per lesioni, e tanto meno per reati ambientali senza il fondamentale ausilio di un consulente tecnico che gli fornisca gli elementi indispensabili per potere falsificare la tesi avversaria oppure proporre, su basi scientifiche e con metodo scientifico, la propria tesi difensiva.
Ed ancora nessun avvocato può pensare alla strategia difensiva in un processo relativo al reato di violenza sessuale, nel quale, spesso ci si deve confrontare con rilievi e prelievi di natura biologica che hanno fondamentale importanza per interpretare il fatto accaduto, senza farsi coadiuvare da un biologo.
E’ impensabile non farsi coadiuvare da un consulente per i processi che presentano problematiche particolari in materia di assunzione della prova scientifica.
Allo stesso tempo l’evoluzione della società e dei costumi e dei modi di comunicare nonchè le opportunità "nuove” che la scienza e la tecnica propongono, impone all’avvocato penalista un adeguamento costante del modo di pensare la professione e di preparare il processo.
2. Investigazioni difensive. Il penalista sempre garante della legalità.
La Legge n. 397/2000 nell’intento di rendere effettiva quella parità tra accusa e difesa sancita dall’art. 111 della Costituzione ha introdotto nel codice di procedura penale un autonomo titolo con un serie di norme che abilitano il difensore a "difendersi investigando”.
In forza di tale normativa il difensore può attrezzarsi per ricevere dichiarazioni o assumere informazioni ai sensi dell’art. 391 bis c.p..
Allo stesso tempo può richiedere documentazione alla Pubblica Amministrazione (art. 391 quinquies), può accedere a luoghi o visionare cose per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi (art. 391 sexies).
Inoltre può accedere, previa autorizzazione del Giudice, e con le modalità da costui stabilite, a luoghi privati o non aperti al pubblico ( art. 391septies).
Il difensore può inoltre formare il suo fascicolo ai sensi dell’art. 391 octies ed inserirvi "gli elementi di prova a favore del proprio assistito”.
Ai sensi dell’art. 391 nonies può anche svolgere attività investigativa preventiva "per l’eventualità che si instauri un procedimento penale”.
In forza dell’art. 391 decies può addirittura svolgere accertamenti tecnici "non ripetibili” compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi, previo avviso a pubblico ministero che ha la facoltà di assistervi o di delegare all’uopo la polizia giudiziaria.
La introduzione di questa legge ha consentito al difensore di divenire parte attiva delle indagini non relegando più la sua attività alla semplice confutazione degli elementi "a carico” raccolti dal Pubblico Ministero in fase di indagini ma affidandogli un vero e proprio compito investigativo con
peculiarità importanti.
Ma questo comporta per il difensore un accrescimento di professionalità e di responsabilità.
Ma il difensore non è solo. Le regole deontologiche lo sorreggono e lo tutelano.
A seguito della introduzione della Legge n. 397/2000, il 14 luglio 2001 il Consiglio della Unione delle Camere Penali ha approvato un testo contenente le regole del penalista nelle investigazioni difensive.-
Tale testo è composto da 14 articoli che disciplinano le modalità di comportamento del difensore nella fase investigativa, nonché la metodologia da adottare nella individuazione delle fonti, nella formulazione degli inviti e nella documentazione delle attività da svolgere.
Innanzitutto, la regola n.1 prescrive che nello svolgimento delle investigazioni difensive il difensore osserva le norme del Codice deontologico forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, fedeltà, competenza e verità.
Ogni difensore è tenuto sempre a rispettare il principio di lealtà processuale e a garanzia della reale dialettica nel procedimento.
Il difensore ha la "direzione” delle investigazioni e impartisce le direttive a collaboratori, sostituti ed ausiliari.
Più nello specifico è importante la regola n. 12 che prescrive al difensore le disposizioni necessarie per assicurare la "genuinità delle dichiarazioni”.
Il ruolo e l’alto ufficio che svolge il difensore nel processo penale non può mai essere snaturato e pertanto il richiamo è evidente e palese all’art. 50 del Codice Dentologico Forense che recita:
"L’avvocato non deve introdurre nel procedimento penale, elementi di prova o documenti che sappia di essere falsi”
"L’avvocato non deve utilizzare nel procedimento prove. Elementi di prova o documenti prodotti o provenienti dalla parte assistita che egli sappia o apprenda essere falsi””.
"L’avvocato che apprenda, anche successivamente, dell’introduzione nel procedimento penale di prove, elementi di prova o documenti falsi provenienti dalla parte assistita non può utilizzarli o deve rinunciare al mandato”.
L’avvocato penalista difende il cliente ma è allo stesso tempo garante della legalità: ecco perché non può essere tacciato, da nessuno, di difendere anche il criminale più spietato, ecco perché nello svolgimento di ogni sua attività, vieppiù nello svolgimento della attività investigativa egli deve essere comunque garante della legalità delle prove che intende introdurre nel processo e quindi è garante del "giusto processo”, ove si intenda per giusto processo non quello che esita nella assoluzione o nella condanna a seconda delle convenienze, ma quello che giunge ad una sentenza attraverso un percorso di rispetto delle regole processuali poste a garanzia delle parti.
3. La documentazione delle informazioni raccolte. Le modifiche della Legge n. 150/2022.
Momento nevralgico per assicurare la "giusta difesa” dei diritti dell’assistito e il rispetto precipuo del dovere di legalità è quello in cui le dichiarazioni e le informazioni si assumono e si verbalizzano.
Per evitare rischi e per consentire una valutazione oggettiva di quel materiale al giudicante, occorre che questo momento sia trasparente, documentato in maniera ineccepibile ed inoltre che la proposizione dei temi di prova e delle domande vengano poste in maniera "aperta” e non suggestiva.
Per il vero, sin dal varo della Legge n. 397/2000 i difensori più accorti e prudenti, hanno preferito la forma di documentazione "reale” ossia la registrazione delle dichiarazioni e la loro successiva trascrizione.
Già l’art. 391 ter c..p. al comma 3 stabiliva che le informazioni di cui al comma 2 dell’art. 391 bis sono documentate dal difensore o da un suo sostituto che possono avvalersi per la materiale redazione del verbale di persone di loro fiducia.
Detta norma stabilisce anche che, in quanto applicabili, si osservano le disposizioni contenute nel titolo III del libro II del codice di rito penale.
Il richiamo espresso è all’art. 134 del cpp che regola le modalità di documentazione.
Tale norma al primo comma prevede che "alla documentazione degli atti si procede mediante verbale, e nei casi previsti dalla legge, anche mediante produzione visiva o fonografica”.
Ebbene la riproduzione fonografica, ossia riportare la registrazione delle dichiarazioni assunte e immortalarle in un supporto informatico allegato alla loro trascrizione cartacea, era e rimane il meccanismo per assicurare la genuinità delle dichiarazioni stesse e la possibilità di raffrontare il testo con la registrazione audio allegata.
A proposito di registrazioni audio e video L’ art. 1 , comma 8, lett. a) e b) della legge delega n. 134/2021 così disponeva: a) prevedere la registrazione audiovisiva come forma ulteriore di documentazione dell’interrogatorio che non si svolga in udienza e della prova dichiarativa, salva la contingente indisponibilità degli strumenti necessari o degli ausiliari tecnici; b)prevedere i casi in cui debba essere prevista almeno l’audioregistrazione dell’assunzione di informazioni dalle persone informate sui fatti, senza obbligo di trascrizione”.
In attuazione della legge delega sono stati modificati l’art. 357 cp.p. che prevede la documentazione dell’attività della polizia giudiziaria, nonché il parallelo art. 391 ter c.p.p. che prevede la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni rese al difensore.
Sicchè è stato introdotto il comma 3 bis nell’art. 357 c.p.p. e quindi la previsione delle riproduzione fonografica a mezzo di strumenti idonei ad opera della polizia giudiziaria allorchè si proceda ad indagini sui delitti di cui all’art. 407, comma 2 lett. a) c.p.p. oppure quando la persona chiamata a rendere informazioni ne faccia richiesta.
Parallelamente è stato introdotto il comma 3 bis all’art. 391 ter c.p.p. e quindi anche per il difensore le informazioni o dichiarazioni di cui all’art. 391 bis sono documentate anche mediante riproduzione fonografica.
Entrambe le norme fanno però salva la "contingente indisponibilità di strumenti di produzione”, circostanza che pare esonerare dall’obbligo di fono registrazione.
Ora, è ragionevole affermare che se è vero che la polizia giudiziaria potrà probabilmente invocare tale disposto in maniera sistematica, il difensore, per meglio accreditare la sua indagine, la sua prova e la sua fonte di prova, dovrà impegnarsi a rendere sempre documentate in maniera fonografica le dichiarazioni che raccoglie.
E’ in gioco l’attendibilità delle stesse ed un processo formativo ineccepibile contribuisce ad aumentare il grado di attendibilità della fonte e del contenuto.
4. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità.
Ancor più pregante l’obbligo di rispettare particolari forme di assunzione, a mezzo riproduzione audiovisiva o fonografica, nel caso di ascolto di una particolare tipologia di persone, quali il minore, l’infermo di mente e colui che si trovi in particolari condizioni di vulnerabilità.
La norma è stata introdotta sia nell’art. 357 con l’aggiunta del comma 3 ter, sia nell’art. 391 ter con l’aggiunta del comma 3 ter.
Quindi anche per il difensore sussiste l’obbligo di ascolto della persona minorenne, inferma mentalmente o "vulnerabile” a mezzo di riproduzione audiovisiva fonografica.
Tali modalità di assunzione sono previste a pena di inutilizzabilità.
E’ evidente che il difensore che vuole svolgere investigazioni difensive deve attrezzarsi a svolgere investigazioni difensive in una certa maniera precisa e qualificante.
Sicchè l’evoluzione tecnologica e la previsione normativa hanno portato già delle innovazioni importanti per lo svolgimento delle investigazioni difensive.
5. L’irruzione nel processo penale della scienza informatica. Il ruolo dl difensore. Le indagini difensive informatiche .
Sin con l’entrata in vigore della Legge 18 marzo 2008 n. 48, le ispezioni e le perquisizioni di sistemi informatici o telematici, nonché il sequestro di dati e informazioni digitali sono divenuti mezzi tipici di ricerca della prova che trovano puntuale disciplina negli artt. 244 comma 2, 247, comma 1 bis, 254 comma1, 254 –bis, 256 comma 1, 260, 352 comma - bis e 354 comma 2 cpp..
Il tratto che accomuna questo intervento legislativo è quello di assicurare che la acquisizione dei dati avvenga in maniera tale da assicurare la conformità dei dati acquisiti a quelli originali e quindi la loro "immodificabilità” .
Tanto al fine di una successiva, corretta utilizzabilità probatoria nel successivo procedimento penale.
Tale apporto normativo è inserito nel codice di procedura penale e nel Libro III delle "Prove” , titolo III "mezzi di ricerca della prova”
Ebbene una norma corrispondente non si evince nella disciplina che regola le investigazioni difensive non è stata inserita.
Ma è pur vero che l’art. 391 decies consente al difensore di documentare atti non ripetibili quando procede all’accesso ai luoghi e quando, ai sensi del successivo comma 3 della stessa norma, deve compiere accertamenti tecnici "non ripetibili” , previo avviso al PM che ha diritto di intervenire.
Ebbene in quella sede è probabile che si debba procedere alla acquisizione di digital evidence e quindi si debba procedere con le stesse modalità, disciplinate dal legislatore, e volte a preservare i dati originali e ad assicurane la immutabilità.
Ma può anche succedere che, invece, il difensore conduca un’autonoma investigazione difensiva, ed ha la necessità di estrapolare dati informatici (si pensi alla messaggistica whats app o anche alla corrispondenza elettronica) presenti sul cellulare in uso all’imputato o ad un suo familiare.
Tanto al fine di stabilire un collegamento tra il dato informatico ed il fatto da provare.
Tale operazione va effettuata attraverso un’inferenza basata su leggi scientifiche che appartengono alla c.d. digital forensic.
La digital forensic è quel ramo della scienza forense che specificamente si occupa del trattamento (individuazione, acquisizione, analisi ed elaborazione) di elementi di prova dematerializzati, contenuti in dispositivi di memorizzazione digitale delle informazioni.
In questo caso l’esperto è indispensabile affinchè la raccolta e l’acquisizione siano eseguite con garanzia di integrità del dato.
Perché la corretta gestione della digital evidence dipende dal rispetto di un preciso protocollo che deriva dalle migliori metodologie (best pratices) invalse nella prassi investigativa internazionale.
"L’integrità dei dati oggetto di acquisizione può essere garantita e verificata attraverso l’applicazione di un algoritmo di hash che consente di firmare in maniera univoca un determinato agglomerato di dati”
La funzione di hash è un vero e proprio sigillo digitale
Tutta l’attività tecnica di acquisizione posta in essere in sede di accertamento urgente deve poter essere verificabile a posteriori.
Dal punto di vista tecnico ciò si traduce nella necessità di utilizzare software open source i quali offrono la possibilità di consultare il codice sorgente , ossia il testo intellegibile del programma.
La prova, quindi, cioè deve essere "controllabile” come afferma il prof. Tonini nel suo manuale di procedura penale.
Le best pratices o leges artis sono implicitamente richiamate dalla normativa che ha introdotto le modifiche (Legge n. 48/2008) vanno sempre rispettate: la loro violazione dovrebbe comportare violazione del protocollo e inattendbilità del risultato probatorio.
Naturalmente in sede penale è apprezzabile una diversa ripartizione dell’onere probatorio, e quindi mentre per l’acquisizione dati effettuate dalla Procura, è onere della parte che accusa acquisire fonti di prova "genuine” da cui estrapolare elementi di prova attendibili, ed in tal caso la difesa potrebbe limitarsi a dimostrare esclusivamente eventuali deficit procedurali per ottenere il vantaggio processuale connesso a siffatta ripartizione dell’onere della prova.
A tal proposito Trib Napoli 15 luglio 2013 b. 10812 "l’acquisizione di dati informatici deve avvenire nel rispetto di procedure idonee a salvaguardia della genuinità, cosicchè la successiva utilizzazione degli stessi in chiave probatoria e la possibilità di ritenerne sicura l’attendibilità presuppone che la loro acquisizione sia avvenuta in modo da preservarli dal rischio, connesso inevitabilmente alla loro particolare natura di (volontarie o accidentali) manipolazioni”.
Ovviamente laddove la difesa debba provvedere, per sue specifiche esigenze, alla raccolta dati informatici deve effettuare il medesimo criterio di osservanza di una estrapolazione garantita e trasparente.
Anche in tal caso la estrapolazione dei dati deve avvenire in maniera tale da assicurare la genuinità della fonte, presupposto necessario per garantire la attendibilità del risultato.
Fuori dalla categoria delle prove digitali che rientrano in un paradigma trasparente e che comunque può essere verificato e controllato dal difensore o dal suo consulente, vi è una diversa categoria ossia quella delle ”prove generate automaticamente”.
5.1.Il difensore di fronte alle prove generate automaticamente
In questi casi parliamo di dati elaborati da dispositivi intelligenti ( elettrodomestici smart, assistenti vocali..ecc.) che sulla base di sistemi di intelligenza artificiale più o meno avanzati offrono una grande quantità di informazioni rilevanti per le indagini e le il processo.
Si tratta di "prove” generate da sistemi che non agiscono per impulso umano bensì sulla base di dati disponibili autonomamente analizzati.
In questo caso ci si pone qualche problema in più.
Bisogna sfatare un (falso) mito: non bisogna concedere a priori la attendibilità dei dati che promanano da una "macchina” e non bisogna derogare all’applicazione degli ordinari criteri di ammissione probatoria sia rispetto alle prove digitali sia rispetto alle "prove generate automaticamente”.
Per poter affermare che un elemento dimostra un fatto occorre comprovare il passaggio che dalla premessa porta alla conseguenza.
Esempi di prove generate automaticamente:
- risk assestment ossia la valutazione del rischio processo su basi scientifiche che si articola in 4 fasi 1) individuazione del pericolo, 2) caratterizzazione del pericolo 3) valutazione dell’esposizione al pericolo 4) caratterizzazione del rischio.
- marches dei software di estrazione del profilo del DNA
- Il remote biometric identification systems ( per il riconoscimento facciale)
In tali casi occorre la comprensione delle caratteristiche tecniche dei sistemi computazionali che hanno generato il dato.
E la verifica della affidabilità scientifica del sofware utilizzato.
Anche perché le informazioni generate automaticamente si fondano quasi sempre su dati raccolti per finalità commerciali e comunque del tutto estranee al processo penale.
Nella ipotesi in cui procediamo con investigazioni difensive a immettere nel fascicolo dati generati autonomamente dobbiamo mettere in conto che potrebbero obiettarci queste eccezioni e
6 Il difensore penale di fronte alla IA
L‘intelligenza artificiale è una grande risorsa, ma non deve governarci, ma siamo noi a doverla governare.
Oggi la IA viene ricordata nel processo penale perché utilizzata, fortunatamente non nel nostro paese ma in alcuni Stati degli USA: il sistema Compas, in sostanza un software per valutare il rischi oche un imputato sia incline a commettere reati in futuro.
Tale sistema utilizza un questionario di 137 domande da cui ricavare profili di rischio della recidiva ossia se un imputato sia incline a commettere altri reati per il futuro.
In questa sede, e riservando un più approfondito esame della questione ad un successivo momento, preme sottolineare ancora una volta come al penalista viene richiesta una professionalità di alto profilo per potere accedere ed Istituti così complessi.
Tuttavia la vitalità, la indispensabilità e la necessità delle investigazioni del difensore al fine di contribuire alla realizzazione del giusto processo” sono assiomi così importanti da non lasciare spazio a deroghe al penalista.
Lo strumento più idoneo per garantire la veridicità e, la genuinità ed un più alto grado di attendibilità del dato che immettiamo nel processo, è quello che assicura alle altre parti processuali, un più approfondito controllo: è bene quindi che il difensore che voglia svolgere investigazioni difensive si attrezzi per utilizzare i mezzi più moderni ed efficienti di riproduzione audiovisiva e fonografica, in maniera tale da ossequiare in forma netta e precisa quel dovere di verità previsto dall’art. 14 del Codice Deontologico capace di illuminare la nostra attività difensiva.
In tal modo, il prodotto della nostra attività difensiva sarà più apprezzato perché meno attaccabile,
Salerno 7 maggio 2024 avv. Filippo Castellaneta
Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 15/07/2024