Contraddittorio, atti irripetibili e le facoltà del difensore
Contraddittorio, "atti irripetibili” e facoltà del difensore.
1.Premessa.Il "contraddittorio indispensabile”.
Il processo penale italiano si fonda sul principio del contradditorio e la prova deve formarsi a dibattimento alla presenza delle parti.
Il principio di oralità nell’ambito del processo, e vale a dire il principio secondo cui la prova deve essere assunta a dibattimento, tranne diverso accordo tra le parti, è necessariamente avvinto da un legame funzionale con il contraddittorio nella formazione della prova e con tutte quelle garanzie grazie alle quali si da attuazione al "giusto processo penale”.
Pertanto la prova si forma a dibattimento, e quelle norme che consentono l’inserimento nel fascicolo per il dibattimento degli "atti irripetibili” compiuti dalla polizia giudiziaria rappresentano una deroga al principio della oralità e pertanto costituiscono norme di carattere "eccezionale”, ossia di stretta interpretazione, concetto con il quale si esprime la impossibilità di effettuare applicazioni "analogiche”.
2. La deroga al contraddittorio nella formazione della prova.Le norme del codice che fanno riferimento agli "atti irripetibili”
L’art. 431c.p.p., dal titolo "fascicolo per il dibattimento” al comma 2 lett. b), c.p.p. prevede che siano raccolti nel fascicolo del dibattimento "i verbali degli atti non ripetibili” compiuti dalla polizia giudiziaria, stabilendo così un’espressa deroga ai principi della oralità e del contraddittorio nella formazione della prova.
Lo stesso articolo alla lettera c) prevede che vengano inseriti nel fascicolo del dibattimento anche "i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore”.
Le norme di cui all’art. 431 fanno parte dell’impianto originario del codice del 1988, tuttavia va evidenziato che successivamente, con legge n. 2 del 1999 il legislatore ha modificato l’art.111 della Costituzione ed ha introdotto al comma 4 il principio secondo il quale "Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.
E’ pur vero che la legge di attuazione indicata non ha modificato l’art. 431 c.p.p. ma questa norma va oggi interpretata alla luce della previsione contenuta nell’art. 111 comma che impone il contraddittorio come regola per la formazione della prova mentre il comma successivo consente la deroga a questo principio solo nel caso del consenso dell’imputato o di provata condotta illecita.
In pratica si può derogare all’assunzione in contraddittorio della prova in tali ipotesi:
a) Consenso delle parti (PM e difesa dell’imputato e delle altre parti eventuali del processo penale);
b) Accertata impossibilità di natura oggettiva (ad es. morte del dichiarante);
c) Provata condotta illecita (il principio è inserito nell’art. 500 comma 4 che sancisce: "Quando, anche per circostanze emerse a dibattimento,vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, affinchè non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento” ).
3. Cosa è l’"atto irripetibile".
Per definire il concetto di atto "non ripetibile” da acquisire al fascicolo del dibattimento occorre, allora far ricorso, alla Giurisprudenza ed in via principale a quelle sentenze che hanno definito il concetto di atto irripetibile.
Occorre, innanzitutto, sfrondare la ricerca da quegli atti che sono divenuti "successivamente irripetibili”, quali la dichiarazione di un teste deceduto, e la dichiarazione di un teste sottoposto a minaccia: tali atti sono ripetibili ma diventano "irripetibili” per circostanze successive e non previste al momento della loro formazione.
L’attenzione deve concentrarsi su quali siano gli atti "originariamente irripetibili”, atti che possono essere acquisiti al fascicolo del dibattimento e che promanano unilateralmente dall’organo dell’accusa, o meglio dalla polizia giudiziaria, o, in ipotesi, anche dal difensore.
Il discorso non può prescindere dall’ esame della sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 41281 depositata il 18/12/2006, (ric. Greco) che non solo ha dettato il principio a cui uniformarsi per ritenere una relazione di servizio "atto irripetibile” o no, ma ha tracciato la linea della esatta interpretazione necessaria per delimitare il concetto di "atto irripetibile” .
La pronuncia in esame ammonisce, innanzitutto da due possibili errori nei quali possono incorrere gli interpreti, e cioè:
a) Il fare riferimento al contesto in cui l’atto è stato compiuto (non essendo mai riproducibile in dibattimento il contesto in cui l’atto è stato compiuto);
b) Il fare riferimento alla possibilità di descrizione delle attività compiute, altrimenti, invece, sarebbe ripetibile anche un verbale di arresto, riconosciuto invece unitariamente come atto irripetibile ed acquisibile, in quanto l’agente ben potrebbe, a dibattimento essere chiamato a descrivere quanto svolto in quella occasione.
Così delimitato il campo, la Corte, poi nella citata sentenza ritenne di declamare come appartenenti alla categoria degli "atti irripetibili” tutti quegli atti "caratterizzati da un risultato ulteriore rispetto alla mera attività investigativa della polizia giudiziaria e dalla acquisizione di informazioni ulteriori derivate da questa attività”.
Deve quindi trattarsi di un "risultato estrinseco” alla attività di indagine che, di per sé, può sempre essere descritta in dibattimento come ogni attività di polizia giudiziaria.
Tuttavia se questa attività si è cristallizzata in un atto o un fatto estrinseci alla attività investigativa il risultato dell’attività può essere descritto ma non riprodotto.
Tale attività deve poi essere redatta in un "verbale” come impone la norma: tutte le attività ulteriori rispetto a quelle investigative che vengono cristallizzate in un verbale il cui contenuto informativo non sia riproducibile in dibattimento sono "atti irripetibili”.
Così l’apprensione materiale che si concretizza nel sequestro, la ricerca del corpo del reato che si svolge nel corso della perquisizione, la concreta privazione della libertà personale in caso di arresto, per rimanere ai casi più ricorrenti, e in riferimento ai quali non vi è dubbio che possano acquisirsi de plano al fascicolo del dibattimento.
Pertanto laddove l’atto della polizia giudiziaria, del pubblico ministero e del difensore non sia riproducibile a dibattimento, è da considerarsi "irripetibile”.
Più problematica diventa la interpretazione allorchè si tratti di attività investigativa sfociata in esiti diversi.
4.La possibile acquisizione delle relazioni di servizio quali "atti irripetibili”.
Una Giurisprudenza datata (Cass. sez. VI 22.09.2002 n. 42802, ric. Castellano), riteneva che le relazioni di servizio fossero atti acquisibili perché da ritenere "irripetibili”, stante la necessità di immediata documentazione di quanto percepito in uno scritto che ne garantisca la genuinità.
Altra giurisprudenza (Cass. sez. IV, 7 luglio 2004 n. 41675) affermava che " Le relazioni di servizio redatte dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria concretano una mera attività di organizzazione e documentazione delle circostanze di tempo e di luogo in cui i fatti oggetto del procedimento si sono verificati e non rientrano, difettando il requisito della non ripetibilità, tra gli atti che ai sensi dell’art. 431 comma 1) lett. b) c.p.p. è possibile acquisire al fascicolo del dibattimento”.
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza Greco ha cercato di meglio ordinare la materia dettando delle vere e proprie linee guida per considerare una relazione di servizio atto irripetibile oppure no.
Innanzitutto, afferma la Corte, il problema non è quello della denominazione dell’atto (relazione di servizio, informativa di reato o altro), bensì del "contenuto” dell’atto che si vuole acquisire.
Infatti, spiegano i supremi Giudici,”sarebbe singolare consentire che la polizia giudiziaria, con una mera scelta terminologica (qualificando come relazione di servizio una’informativa di reato) divenisse arbitra della possibilità di derogare al principio della formazione della prova nel contraddittorio delle parti”.
Pertanto va esaminato il contenuto delle relazioni di servizio.
Nella ipotesi in cui le stesse riportano le attività investigative compiute dalla polizia giudiziaria, è evidente che si tratta di attività "ripetibili” a dibattimento attraverso la escussione del teste che ha proceduto a svolgere le indagini e che laddove abbia redatto il documento, può avvalersi, se autorizzato dal Giudice, in aiuto della memoria della lettura degli atti a sua firma ai sensi dell’art. 499 comma 5 c.p.p..
Tuttavia, se nel corso dell’ attività di indagine, sorge la necessità di documentare una situazione modificabile dei luoghi, delle persone o delle cose, i relativi rilievi possono assumere natura di "atti non ripetibili” e nella parte in cui documentano situazioni soggette a modificazione divenire inseribili nel fascicolo del dibattimento.
Alla stessa stregua se l’attività di indagine è accompagnata da rilievi fotografici, fono grafici o cinematografici, anche queste attività di documentazione devono essere ritenute "non ripetibili”, perché non possono essere riprodotte in dibattimento ed una narrazione descrittiva non potrebbe mai riproporre l’effettivo rilievo fotografico, fonografico o cinematografico.
Dopo aver fornito tali indicazioni la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: "Non è atto irripetibile, e come tale non può essere acquisita al fascicolo del dibattimento senza il consenso delle parti, la relazione di servizio che contenga soltanto la descrizione delle attività di indagine, esauritesi con la loro esecuzione e suscettibili di essere descritte in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, senza la perdita di alcuna informazione probatoria, per non essere modificabili con il decorso del tempo, luoghi, persone o cose rappresentati”.
E’ chiaro quindi che, al fine di acquisire al fascicolo del dibattimento l’atto di indagine, occorre verificare il contenuto dello stesso e accertare se oltre a semplici annotazioni, riproducibili in udienza attraverso il narrato del dichiarante, vi siano accertamenti su cose, luoghi o persone suscettibili di modifica per il decorso del tempo e che, quindi, non è possibile rappresentare in udienza se non attraverso l’acquisizione documentale.
E’ ovvio, infine che l’attività ulteriore deve essere riassunta in un "verbale” redatto ai sensi dell’art. 136 c.p.p. ossia contenente la menzione del luogo, dell’anno, del mese e del giorno e dell’ora in cui è stato aperto e chiuso, le generalità delle persone intervenute, la descrizione delle operazioni svolte e di quanto avvenuto nel corso delle operazioni nonché le dichiarazioni effettuate dai presenti.
Il verbale così redatto e sottoscritto dagli intervenuti può essere considerato "atto irripetibile” ove contenga acquisizioni fotografiche, fonografiche e cinematografiche altrimenti non acquisibili.
5. Gli "atti irripetibili” del difensore
La norma dell’art. 431 lett. c) c.p.p., richiama anche i verbali degli atti irripetibili compiuti dal difensore.
Anche questi atti sono acquisibili al fascicolo del dibattimento e l’inciso "e dal difensore” è stato introdotto a seguito dell’entrata in vigore della legge 7 dicembre 2020 n. 397/2000 disciplinante le "investigazioni difensive”.
Gli articoli 391 sexies e septies del codice di rito penale, infatti, disciplinano rispettivamente le modalità di accesso ai luoghi e documentazione e l’accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico, da parte del difensore.
Anche in tali casi il difensore deve redigere un verbale contenente la data ed il luogo dell’accesso, le proprie generalità e quelle delle persone intervenute, la descrizione dello stato dei luoghi, l’indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi effettuati.
Ai sensi dell’art. 391 decies, "la documentazione di atti non ripetibili compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, è inserita nel fascicolo previsto dall’art. 431”.
Sicchè anche la difesa può svolgere accertamenti che, laddove contengano una attività ulteriore rispetto a quella descrittiva, e nel caso in cui tale attività non sia altrimenti riproducibile a dibattimento, deve essere assoggettata al regime degli atti non ripetibili e acquisita anche se effettuata unilateralmente dall’avvocato difensore.
La difesa, quindi, ha ricevuto dalle disposizioni della legge 397 uno spazio investigativo autonomo, che gli consente l’accesso ai luoghi teatro delle vicende processuali e l’acquisizione della documentazione.
La possibilità, tuttavia, di procedere ad accertamenti tecnici non ripetibili, è subordinata ad alcuni accorgimenti previsti al comma 3 dell’art. 391 decies c.p.p. e secondo giurisprudenza unanime, non potrà mai modificare in modo irreversibile lo stato dei luoghi (vedasi Decreto autorizzativo GIP Trib Napoli del 27/04/2009 )
Il difensore, cioè, deve innanzitutto darne avviso al pubblico ministero per l’esercizio delle facoltà previste dall’art. 360 c.p.p, e in quanto compatibili con lo svolgimento dell’attività difensiva.
Se il pubblico Ministero non deve svolgere o far svolgere accertamenti tecnici non ripetibili, può comunque assistere o far assistere alle attività compiute dal difensore.
Il difensore non potrà mai con la sua attività, alterare o modificare lo stato dei luoghi.
Completata l’attività il difensore avrà cura di inserire il verbale nel "fascicolo del difensore”, e stessa cosa farà il Pubblico Ministero se ha esercitato al facoltà di assistervi.
Anche questi atti "non ripetibili” vengono inseriti ai sensi dell’art. 431 lett. c) nel fascicolo per il dibattimento, sicchè, sulla possibilità di espletazione, la difesa tecnica, professionalmente all’altezza, magari, dovrebbe prestare massima attenzione.
Ma questo è un altro discorso.
Avv Filippo Castellaneta
Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 07/12/2020