Il patrocinio bistrattato. Art. 220 bis L 77/20, una luce nel buio?
IL PATROCINIO, dei non abbienti,BISTRATTATO
1.Il patrocinio dei non abbienti a cura dello Stato.
Il sistema giudiziario sta dimenticando che la difesa dei non abbienti è un diritto sancito dalla Costituzione.
"Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” declama l’art. 24 comma 2 della Costituzione.
Il processo penale moderno, però spesso comporta la necessità di dover effettuare investigazioni difensive e di avvalersi di consulenti in scienze forensi per poter contrastare le tesi dell’accusa, con notevole aumento dei costi.
Le spese complessive di un processo penale non sono quindi alla portata di tutti, se si vuole apprestare una difesa preparata su ogni aspetto della vicenda sostanziale e processuale.
Gli avvocati penalisti iscritti nello speciale albo degli avvocati abilitati al patrocinio a spese dello Stato sono coloro che si occupano di difendere una persona, imputata o persona offesa o danneggiata dal reato, che abbia un limite di reddito annuo imponibile non superiore ad € 11.493,82 con la possibilità di un aumento di € 1.032,00 per ogni familiare a carico.
Il professionista della persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato svolge gratuitamente la propria attività ed al termine di ogni fase o grado del giudizio richiede la liquidazione dei compensi maturati che non possono superare la metà del massimo e che comunque ai sensi dell’art. 106 bis DPR 115/2012 vengono poi decurtati di un terzo per la legge di stabilità: ossia se un avvocato matura per un processo € 1500,00, questi diventano € 1000, e così via.
Stesso criterio di liquidazione vale per i consulenti.
Già questa circostanza può indurre ed induce molti avvocati a non iscriversi nell’apposito albo e molti consulenti a rifiutare di assistere persone ammesse al patrocinio a cura dello Stato.
2. Ostacoli alla effettività di una difesa penale per i non abbienti.
Ma l’Istituto, almeno per la sua concreta attuazione nel procedimento penale, presenta ulteriori problematiche che possono così sinteticamente riassumersi:
1) Per la ammissione non vi è un termine entro il quale il Giudice ( che è colui che decide sulla istanza avanzata dalla parte) deve decidere sulla richiesta presentata ai sensi dell’art. 79 DPR 115/2002: questo comporta, molte volte, che l’avvocato inizia l’attività professionale senza avere la certezza dell’ammissione e quindi che il suo onorario (ridotto come sopra), sia liquidato dall’Erario.
2) Anche dopo l’ammissione il difensore non è certo che la sua attività professionale sarà economicamente riconosciuta. Infatti ai sensi dell’art. 93 comma 2 DPR n. 115/2002, il magistrato "può”, ma in effetti esercita sempre tale facoltà, "trasmettere l’istanza alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche”. Questo comporta che se la GdF relaziona al Magistrato competente circa la presenza di redditi superiori ai limiti di legge, il magistrato ai sensi dell’art. 112 DPR 115 revoca l’ammissione ed il difensore che sicuramente ha già svolto tutta o gran parte della attività perde il diritto alla liquidazione da parte dello Stato. Ossia lavora ma non viene pagato. Eppure l’art. 36 della Costituzione sancisce che "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.
In questo caso sebbene la Corte di Cassazione abbia espressamente statuito che la liquidazione del difensore è svincolata dalle vicende della ammissione e della revoca dell’ammissione dovuta a circostanze non vere riferite dalla parte, i dirigenti amministrativi (Bari è tra questi) ritengono che il difensore perda il diritto alla liquidazione anche se il decreto di liquidazione è precedente alla revoca.
3) Nella ipotesi in cui il difensore sia beneficiario di una liquidazione a cura dello Stato per aver assistito in un processo penale una persona non abbiente, deve attendere molti mesi se non addirittura anni prima di poter emettere la fattura elettronica a favore della Pubblica Amministrazione (l’ufficio spese di Giustizia sta richiedendo fatture per liquidazioni targate 2017).
4) Una volta emessa la fattura elettronica deve aspettare ancora perchè sebbene vi sia una norma del DL n.66/2014, e precisamente l'art. 41, che prevede che lo Stato è obbligato a pagare entro 30 o 60 giorni le fatture elettroniche emesse da privati, i funzionari delegati chiariscono che tale norma si applica alle imprese e non ai professionisti, sicchè l’avvocato che emette una fattura deve attendere 6-7 mesi per poter ricevere il relativo bonifico (il funzionario delegato del tribunale di Bari, ad esempio, sta pagando ad ottobre le fatture emesse a marzo).
Queste problematiche è ovvio hanno come effetto quello di far demordere i professionisti dal dedicarsi ai processi in difesa dei non abbienti: sia per le lungaggini e le difficoltà sopra menzionate, sia perché l’avvocato, in tali casi, è tenuto a svolgere tutta una attività ulteriore parallela al processo che comporta maggiori oneri e soprattutto sottrae tempo ed energia allo studio della strategia difensiva e alla cura di ogni aspetto della vicenda penale.
Quindi, l’Istituto pur meritevolmente inserito in Costituzione si sta svuotando di contenuto.
3. art. 220 bis Legge 77 del 2020. Una luce nel buio?
Il legislatore pare essersi accorto di almeno una delle problematiche evidenziate sopra e cioè quella relativa all’arretrato nei pagamenti dei professionisti che si occupano della difesa dei non abbienti.
Tant’è che la Legge n. 77 del 2020 che ha convertito in legge il c.d. "Decreto rilancio” all’art. 220 bis ha previsto quanto segue: "Al fine di contenere l’impatto economico sulle attività professionali conseguente all’emergenza sanitaria da COVID-19, l’apposito capitolo sul quale gravano le spese per il pagamento delle prestazioni professionali di cui agli articoli 82 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, iscritto nel programma 1.4 "servizi di gestione per l’amministrazione giudiziaria” della missione 1 "Giustizia” dello stato di previsione del Ministero della Giustizia, è incrementato di 20 milioni per l’anno 2020, da destinare alla corresponsione dei crediti maturate non pagati relativi alle predette prestazioni professionali, in riferimento agli anni pregressi”.
Tale norma, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio 2020, sebbene emanata per il particolare e gravoso periodo di crisi economica riconosce due aspetti:
1) La liquidazione delle attività svolte da professionisti che si occupano della difesa dei non abbienti viene liquidata con notevole ritardo rispetto al momento della prestazione;
2) Nel settore Giustizia le risorse umane e lavorative poste a disposizione della gestione delle fasce deboli sono insufficienti, altrimenti non si spiegherebbe come mai in ogni distretto d’Italia si lamentano ritardi nella istruzione ed evasione delle pratiche relative alle liquidazioni.
In conclusione la difesa dei non abbienti pur avallata dal precetto di rango Costituzionale trova molteplici ostacoli per la sua attuazione sicchè il non abbiente non riceve una effettiva possibilità di difendersi adeguatamente ed i difensori abilitati la patrocinio dei non abbienti sono spesso demotivati e sono costretti a svolgere una difesa professionale con tante incognite.
Per quel che concerne l’art. 220 bis Legge 77/20020 sarebbe interessante conoscere come è stato applicato, quanti soldi sono arrivati ai distretti e come sono stati utilizzati e se i Consigli dell’Ordine degli Avvocati sono stati interessati alla questione.
Quella norma può rappresentare un piccolo segnale di interessamento ad un Istituto in decadenza: potrebbe partire da lì una campagna per ridare linfa vitale ad un precetto Costituzionale di grande importanza che riverbera i suoi effetti sui cittadini più deboli economicamente.
Avv. Filippo Castellaneta
Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 11/10/2020