Libertà personale: la esclusione della applicazione cumulativa delle misure cautelari
Libertà personale: esclusione della applicazione cumulativa, fuori dei casi consentiti, delle misure cautelari
1 Il principio di stretta legalità nell’applicazione delle misure limitative della libertà personale.
In materia di applicazione delle misure cautelari ante iudicium la norma dell’art. 272 c.p.p. sancisce il principio di stretta legalità e cioè: "le libertà della persona possono essere limitate soltanto con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo”.
Tale disposizione discende direttamente dalla norma dell’art. 13 comma 2 della Costituzione che prevede la doppia riserva di legge e di giurisdizione per l’applicazione di qualsivoglia misura cautelare.
Inoltre tale norma sancisce il proposito di ridurre ad un "numero chiuso” le figure limitative della libertà personale utilizzabili in funzione cautelare nel corso del procedimento penale, sicchè non possono essere applicate misure diverse da quelle espressamente considerate.
L’impiego, nella norma, dell’avverbio "soltanto” esplicita il significato garantistico del principio di legalità e di tassatività in quanto diretto a vincolare rigorosamente alla previsione legislativa l’esercizio della discrezionalità del Giudice in materia di limitazioni, di per sé eccezionali, della libertà della persona.
2.L’applicazione cumulativa delle misure cautelari.
La norma dell’art. 299 comma 2 c.p.p. poi stabilisce che "Salvo quanto previsto dall’art. 275 comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuante ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità meno gravose”.
Secondo tale norma, nella ipotesi di sostituzione di una misura cautelare con altra meno gravosa, non possono applicarsi misure congiunte, non essendo prevista alcuna facoltà di cumulo materiale.
L’art. 276 comma 1 poi prevede che: "In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostruzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione.
Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con misura coercitiva”
L’art. 307 comma 1 poi prevede che: "nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini il giudice dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare”.
Il successivo comma 1 bis dell’art. 307 recita: "Qualora si proceda per taluno dei reati indicati nell’art. 407 comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari indicate dagli articoli 281,282 e 283 anche cumulativamente”
La interpretazione delle norma così come avallata da una decisione delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 5 luglio 2000 n. 24, PM c Monforte) è la seguente: "l’applicazione cumulativa di misure cautelari personali può essere disposta dal giudice soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge, di cui all’art. 276 comma 1 e articolo 307 c.p.p comma 1 bis”.
Pertanto il Giudice procedente potrà prevedere l’applicazione di più misure cautelari qualora il cautelato si sia reso responsabile di comportamenti trasgressivi delle regole imposte con l’applicazione delle misure e se ritenga che l’applicazione di misure diverse possa assicurare le esigenze cautelari sottese alla situazione in atto.
Inoltre nella ipotesi di cessazione della misura per decorrenza dei termini il giudice può disporre, e soltanto per i reati più gravi enucleati dall’art. 407 comma 2 lett. a), l’applicazione cumulativa di divieto di espatrio, dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di divieto od obbligo di dimora.
Tali casi espressamente previsti dalla legge sono esclusivamente quelli nei quali è possibile l’applicazione cumulativa di più misure.
Tanto trova fondamento nei principi di legalità e tipicità, che sanciscono la necessaria predeterminazione legislativa delle fattispecie delittuose, delle sanzioni penali, nonché dei provvedimenti limitativi della libertà personale.
Pertanto in conformità dell’insegnamento della Suprema Corte non può essere ammessa l’applicazione congiunta di distinte misure, omogenee o eterogenee, in mancanza di espressa previsione.
3. Un giusto corollario: Il divieto di imposizione "aggiuntiva” di ulteriori prescrizioni.
Il principio declamato quindi, impone al Giudice non soltanto il divieto di applicazione di più misure cautelari cumulative al di là dei casi tassativamente indicati dalla legge, e cioè dall’art. 276 comma 1 e art 307 comma 1 bis c.p.p, ma anche il divieto di prevedere ipotesi di prescrizioni aggiuntive di ulteriori prescrizioni non previste da disposizioni di legge.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nella sentenza sopra richiamata n. 24/2000 ha infatti anche affermato che "non sono ammissibili tanto l’imposizione "aggiuntiva” di ulteriori prescrizioni non previste dalle singole disposizioni regolanti le singole misure, tanto l’applicazione "congiunta” di due distinte misure, omogenee o eterogenee, che pure siano tra loro astrattamente compatibili (come ad esempio l’obbligo di dimora e l’obbligo di presentazione alla p.g.)”.
Tuttavia, le sezioni semplici della Cassazione, in alcune pronunce, hanno ritenuto possibile l’applicazione cumulativa delle misure in caso di applicazione dell’art. 299 comma 2 cp.p. sostituendo la misura coercitiva degli arresti domiciliari con l’applicazione congiunta di misure coercitive ed interdittive (Cass. sez. V n. 12777 del 27/03/2020) e giustificando detta applicazione, con la necessità di sostituire le misure più gravi e di assicurare io soddisfacimento della cautela con misure che in concreto possano da un lato escludere l’applicazione del carcere, ritenuta extrema ratio, e dall’altro soddisfare l’esigenza di evitare la possibile reiterazione di comportamenti delittuosi.
Di recente, tuttavia, altra pronuncia della Cassazione, sez. II 5 novembre 2020 n. 30900 ha sbarrato il passo ad interpretazioni diverse da quelle evincibili dal dato letterale quale risultante dalle disposizioni del codice, ridadendo che" L’interpretazione letterale della legge è il canone ermeneutico prioritario per l’interprete” e che non si può andare oltre il dato letterale quando la disposizione idonea a decidere la controversi è chiara e precisa".
Detta pronuncia ha poi nuovamente affermato che il disposto dell’art. 299 comma 2 è chiaro e preciso e non lascia spazio a soluzioni diverse: l’applicazione congiunta di misure cautelari non è possibile così come non è possibile preveder prescrizioni diverse da quelle direttamente ricavabili dal dato normativo.
In ossequio a tali principi la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Venezia che a sua volta aveva rigettato l’appello proposto dall’imputato avverso la ordinanza del GIP che sostituiva gli arresti domiciliari con le misure, congiuntamente applicate, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di presentazione alla P.G.
Sempre in forza dei principi di tassatività e legalità nella applicazione di misure restrittive della libertà, che, quindi, applicabili soltanto nei casi previsti espressamente dalla legge, nel 2012 altra sentenza della Cassazione (Sez. III 13 dicembre 2012 n. 19042 aveva escluso che potesse prevedersi il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (previsto dall’art. 282 ter c.p.p.) cumulativamente al divieto di espatrio e all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, e nella ipotesi di decorrenza dei termini massimi di carcerazione.
Anche in tal caso la sentenza citata, facendo buon governo dei principi più volte richiamati, ha stabilito che anche l’art. 307 comma 1 bis, deve essere interpretato restrittivamente e cioè nel senso che, in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini, qualora si proceda per uno dei delitti gravi previsti dall’art. 407 comma 1 lett. a), il giudice dispone le sole misure cautelari indicate nell’art. 281 (divieto di espatrio), art. 282 (obbligo di presentazione alla p.g.) art. 283 (divieto ed obbligo di dimora) e non può anche disporre la misura di cui all’art. 282 ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) in quanto non espressamente indicata nella norma dell’art. 307 comma 1 bis.
4. Conclusioni
Il principio appare chiaro e abbondantemente radicato in assiomi rivenienti da norme costituzionali: si applicano misure limitative della libertà personale soltanto nei casi previsti dalla legge, e non è possibile una applicazione di più misure cautelari in maniera cumulativa se non quando la legge espressamente lo prevede.
Vi è però il precedente difforme costituito, ma di recente, dalla sentenza n. 12777 del 27 marzo 2020 che utilizza un ragionamento inverso (tutela della libertà personale e della previsione "residuale”del carcere) per arrivare ad elidere il dato normativo della tassatività della’’applicazione congiunta di più misure cautelari.
Sembra, tuttavia, una decisione isolata, incapace di intaccare quanto stabilito dalle Sezioni Unite e plurime volte dalle Sezioni semplici che non mancano di annullare provvedimenti di merito che prevedono una estensione, disattendendo però il dato letterale, delle misure applicabili in caso di applicazione dell’art. 299 comma 2 .
La tutela del principio del carcere come extrema ratio e la necessità comunque di sostituire la detenzione più dura anche cumulando più misure, pur condivisibile in linea di principio, non può superare l’inequivocabile dato letterale che vieta il cumulo.
Avv. Filippo Castellaneta 19 dicembre 2020
Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 20/12/2020