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Sui poteri di intervento del Giudice nel corso della cross examination

Sui poteri di intervento del Giudice nel corso della cross examination

Sui poteri di intervento del Giudice nel corso della "cross examination” .

   1 Premessa 

   Il cuore del processo penale è il dibattimento, ed il punto centrale del dibattimento è assunzione della prova orale attraverso  il sistema della cross examination.
L’ esame incrociato, rappresenta, per gli avvocati penalisti,  una  tra le più importanti rivoluzioni di ruolo e di funzioni che il nuovo codice di procedura penale ha introdotto.
Esso impone non solo una modifica del ruolo del difensore rispetto al passato ma implica una crescita culturale e professionale degli avvocati penalisti che si cimentano nel dibattimento penale.
E comporta anche la modifica del ruolo del Giudice: da protagonista assoluto dell’istruttoria a Giudice terzo che assiste all’esame svolto e può intervenire soltanto nei casi e nei modi consentiti dalla legge o meglio dal codice.
Le norme di riferimento sono tre :
1) Art. 498 comma 1 : " Le domande sono rivolte direttamente dal Pubblico Ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame del testimone”. 
2) Art. 499 comma 4 : " Il Presidente cura che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona”
3) Art. 499 comma 6 : " Durante l’esame, il Presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni”
4) 506 comma 2 : " Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate  nell’art. 210 ed alle parti già esaminate, solo dopo l’esame e  il controesame. Resta salvo il diritto delle parti di concludere l’esame secondo l’ordine indicato negli articoli 498 commi 1 e 2, 503 comma 3”.

In considerazione di questa disciplina esame e controesame sono un meccanismo processuale affidato alle parti con la supervisione del giudice,  il quale interviene unicamente per ammettere o non ammettere una domanda, per decidere sulle opposizioni, per consentire la pertinenza delle risposte  del teste  e per la tutela della sua dignità e del suo decoro.
In questa fase il giudicante non può porre domande dirette al teste.
Soltanto al termine dell’esame delle parti il Giudice può rivolgere domande al teste con il divieto ( anche per lui!) di porre domande suggestive (questione, ahimè ancora controversa in dottrina e giurisprudenza).

2. Il ruolo e i compiti del difensore.

Oggi,  il difensore è il propulsore ed il protagonista nella assunzione della prova orale : sceglie e cita i testi a discarico, conduce l’ esame ed il  controesame,   ed inoltre  deve curare di preparare una scaletta per far emergere quello che è il suo  "thema probandi”, deve essere pronto ad opporsi a domande suggestive nel corso dell’esame, deve curare gli aspetti psicologici della testimonianza, deve opporsi alla forza d’urto dell’art. 507 cpp, deve essere pronto a far dichiarare un teste ostile e svolgere tante altre attività che hanno grande rilievo in vista dell’obiettivo di trovare argomenti a favore della tesi difensiva. 
Insomma il momento  "topico” del dibattimento è quello in cui si procede alla assunzione di testimonianze orali : è  qui che si gettano le basi di una assoluzione o si creano i presupposti per una condanna.
Il difensore deve anche, molto spesso, arginare l’intrusione indiscriminata del Giudice che cerca in tutti i modi di accelerare i tempi di comprensione dei fatti processuali e quindi procede ad intervallare le domande delle parti con suoi interventi interrogativo- inquisitori,  rivolti all’esaminato.
Questo non è accettabile in quanto non è previsto dalle norme procedurali e raggiunge il risultato di falsare le risultanze dell’esame e di vanificare le strategie difensive.

3. Il divieto di intervento del Giudice nel corso dell’esame e controesame condotto dalle parti.

Va chiarito innanzitutto un concetto : "nella cross- examination le domande hanno una funzione strategica, vengono rivolte non tanto per sapere, quanto per far sapere ( al Giudice )”.
 Il concetto è stato bene esplicitato dal prof. Guglielmo Gulotta nel suo ultimo lavoro "Le  200 regole della cross- examination”, ed in particolare nella  alla regola n. 6, evidenziando che tale concetto costituisce un ulteriore elemento a presidio della imparzialità del Giudice e incrementa la responsabilità delle parti.

Il Giudice pertanto deve essere attento osservatore e imperscrutabile ascoltatore in quanto il flusso di informazioni che il teste promana, sollecitato dalle domande delle parti,  deve divenire poi materiale processuale capace di determinare ed orientare la decisione.

Il percorso decisionale necessita del lavorio delle parti e del ruolo equidistante del giudice, nel rispetto delle regole del giusto processo enunciate dall’art. 111 della Costituzione.
Una prima considerazione, per quel che riguarda il sistema italiano, va fatta : nella maggior parte dei processi , manca la giuria , quindi si ha di fronte il Giudice tecnico, il quale è portato ad espandersi e quindi si scontrano la vecchia logica del Giudice onnivoro che si muove per far uscire  la verità a tutti i costi, e che si scontra con la nuova logica del processo di parte, affidato alle strategie di una avvocato dell’accusa ( PM)  che cerca prove per dimostrare la colpevolezza dell’imputato ed un avvocato che cerca di falsificare quelle prove e/o di cercare e far emergere prove a favore dell’imputato.
Parafrasando Spangher ( atti del convegno "esame incrociato e giusto processo: per non tornare indietro Alghero 8-9 settembre 2009), il quale con brillante espressione ha dichiarato  " o si va dal 468( c.p.p.) in sù o si va dal 507 (c.p.p) in giù ", ossia: o si cerca di far valere la logica del processo di parte di fronte ad un giudice terzo oppure si ricade nella vecchia logica del Giudice che cerca la verità seguendo un suo personale (e preconcetto)  percorso erodendo il principio del contraddittorio.

Naturalmente i penalisti devono lavorare per evitare la deriva inquisitoria della fase centrale del dibattimento e fare in modo che la persuasione del Giudicante cominci con un accorto e prudente uso dell’esame e del controesame del testimone.
 
La regola, dunque, esiste ed è quella chiarissima di cui all’art. 504 comma 6 " Il Giudice interviene dopo l’esame ed il  controesame”.

Ma nella pratica processuale quotidiana non è proprio così : i magistrati giudicanti spesso espandono il loro potere (unico in quel frangente) di  assicurare la pertinenza delle risposte  con il potere di porre domande vere e proprie al teste mentre il difensore (o il PM) si sta adoperando per  far emergere con operazione ermeneutica  quanto necessario ed utile per suffragare la propria tesi difensiva (o accusatoria).
Ed il teste, naturalmente è portato a rispondere con più efficacia al soggetto Giudice che, egli comprende  benissimo, essere il più potente e autorevole nell’agone processuale.
Sul punto concordano unanimemente i maggiori  autori di testi sulla cross examination.
Infatti:
1) Gulotta che ha dedicato la parte II del manuale sopra indicato a " Le regole del Presidente”, scrive che è precisa regola per il Giudice: "non porre domande al posto delle parti e non interferire nel corso del loro esame” ( cfr. pagg. 87-88 in " Le 220 regole della cross examination. Giuffrè editore).
2)Carponi Schittar: "Il sistema accusatorio è tutto fondato e articolato sul presupposto che il processo giusto promani dal contenimento dello strapotere dello Stato nel confronto con il privato anche nel procacciarsi prove delle tesi accusatorie” e quindi, il Giudice : " a conclusione degli esami egli dovrebbe porre quante domande ritenesse necessarie per chiarire a sè medesimo incomprensioni sulle risposte, possibili equivoci o equivocabilità su quanto emerso dagli esami che potrebbero lasciargli dubbi nel momento in cui entrerà in camera di consiglio” (cfr. pag. 60 "Esame e Controesame. Teoria e tecnica” Giuffrè editore);
3) Ennio Amodio : " Accade, infine che, a metà dell’esame, il giudice non resista all’impulso di chieder chiarimenti al teste. A volte l’intervento è preceduto dall’excusatio della finalità meramente interpretativa della domanda.  L’effetto è comunque quello di interrompere la sequenza dell’esame. Domande aggiustate, risposte rettificate e richieste di chiarimenti soffocano la libertà di assunzione della prova garantita al difensore e anche, ovviamente, al pubblico ministero. Da un lato, chi conduce l’esame è distratto o sviato dal suo itinerario. Dall’altro, il testimone percepisce che il vero signore della prova è il giudice e non la parte  impegnata  a fare domande. Perché perdere tempo a rispondergli?” ( cfr Ennio Amodio  "mille e una toga” pag. 197 Giuffrè editore)

Infine in subiecta materia il La.p.ec. ( Laboratorio permanente per l’esame ed il controesame) ha elaborato le " Linee guida per l’esame incrociato nel giusto processo” prevedendo che :
-Il giudice non può intervenire durante l’esame condotto dalle parti, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge” ( regola n. 6).

La normativa è chiara ma la prassi, ahimè, registra continue inversioni poco virtuose, sicchè nelle aule di giustizia è raro verificare la presenza di un Giudice, o di un Presidente silente nel corso della cross examination, ed anzi spesso accade di verificare interventi ex abrupto del giudicante che interrompe la sequenza delle domande poste dalla parte interrogante.
E sono interventi non per assicurare la pertinenza delle risposte   bensì per far scaturire anticipatamente e suggestivamente (nella misura in cui la suggestione è insita nel ruolo predominante dell’interventore che è l’arbitro del processo) dati fattuali che è compito delle parti far emergere parti, così sottraendo la operazione ermeneutica al suo percorso naturale.
Tale operazione è violatrice della disposizione di cui all’art. 504 comma 2 che inserisce il potere di intervento  del Giudice  ad un momento successivo
Cosa deve fare il difensore per impedire questa prassi "non virtuosa”?
Opporsi , intervenire e chiedere il rispetto delle regole, anche nei confronti del giudice. Il verbale darà conto di questa richiesta.
Tanto in quanto  ai sensi dell’art. 124 c.p.p. " I magistrati, i cancellieri e gli altri ausiliari del giudice, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti ad osservare le norme di questo codice anche quando l’inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale”.

Sicchè, facendo leva su questa norma l’avvocato chiederà (rispettosamente) al Giudice di non intervenire e di permettere la conduzione dell’esame alla parte nel rispetto delle regole codicistiche.
Anche i magistrati giudicanti, infatti, devono ossequiare le norme processuali ed  anche se dalla loro violazione non derivi nullità o inutilizzabilità.

4. Le conseguenze processuali della violazione della norma di cui all’art. 506 comma 2.

Tuttavia da tali violazioni, a parere della Suprema Corte, non deriverebbero nullità.
Sul punto infatti una specifica pronunzia della Suprema Corte stabilisce che non ricorre nullità : "Nel caso in cui il Giudice monocratico ponga direttamente domande al teste, sostituendosi al P.M. non è prevista la sanzione della nullità. Il comportamento del giudicante il quale si arroghi poteri inquisitori, anziché di lasciare alale pari l’assunzione della prova, è certamente censurabile, ma non integra i requisiti della nullità della sentenza ove non si risolva in una violazione del diritto di difesa, ad esempio impedendo al difensore di porre domande” ( Cass. Pen. sez. III n. 8597del 14.05.1999.
Altra pronuncia stabilisce quanto segue:
 "In tema di esame del testimone, l’eventuale intervento del giudice prima della conclusione dell’esame e del contro esame ad opera delle parti non configura una ipotesi di inutilizzabilità della testimonianza, verificandosi questa solo laddove la prova venga assunta in presenza di un divieto e non anche quando la stessa, pur consentita, sia effettuata in violazione delle regole previste per l’assunzione” ( Cass. Pen. sez. III n. 27068 del 20.05.2008) .

5.  Conclusioni.

In sintesi, a parere di chi scrive :
 Il Giudice deve consentire che l’esame ed il controesame sia condotto dalle parti. 
Il Giudice, in questa fase, può intervenire solo per assicurare la pertinenza delle risposte, quindi non può porre , in questo momento processuale, domande dirette al teste.
Il difensore chiederà il rispetto delle regole della cross examination e tale intervento naturalmente risulterà  dal verbale:
Il difensore potrà proporre motivo di impugnazione specifico laddove la risposta  fornita dall’interrogato su domanda diretta del giudice, abbia violato il diritto di difesa.

Praticamente le possibilità di successo, allo stato, della impugnativa  del difensore sono vicine allo zero.
Tuttavia la richiesta di osservare la norma di cui all’art. 506 comma 2,   va comunque effettuata perché:
- Consentirà di proseguire l’esame ( o il controesame) cercando di ottenere gli scopi prefissi e senza interruzioni;
- Impedirà ( ci si augura)  ulteriori  interventi del giudicante capaci di alterare il corso della cross examiantion;
- Potrà comunque  essere, fonte di impugnativa;
Ed in ogni caso:
- farà capire al giudicante ed alle altri parti che l’avvocato  non è una comparsa ma è un protagonista ( alla pari del PM) del  processo.

6.Esempi tratti dalla  prassi quotidiana.

A tal proposito, e per concludere, riporto tre stralci di verbali da cui si evince il diverso atteggiamento  assunto da tre giudici (tutti togati) diversi nel momento in cui il difensore (rispettosamente ma decisamente)  ha obiettato la impossibilità di intervento da parte del giudicante nel corso dell’esame condotto dalla parte.
Essi denotano come il principio sia più o meno conosciuto ma di fatto poco osservato.

Esempio 1 Giudice comprensivo ma non troppo .

E’ in corso l’esame del PM :
Dichiarante : " io abito a via Abate Gimma”
Giudice : " a Bari? "
Dichiarante " Si, prima” 
Giudice.”Quindi, lui ( ndr l’imputato) ti veniva  a prendere da Bari e ti portava a Brindisi?”
Dichiarante : "si”
Avv. difensore dell’imputato : " Col massimo rispetto che ho nei suoi confronti, potrebbe consentire alle parti l’esame e magari fare le domande dopo”?
Giudice : "per non ripetere diecimila volte le stesse domande. Va bene”.
Avv. difensore imputato : " perchè poi magari…”
Giudice : "prego pubblico ministero”
Avv. difensore : " Grazie”
PM : " sono le cose che avrei…”
Avv. difensore dell’imputato : " Si , però è un quadro diverso: possono avere le stesse domande, risposte diverse”.
PM : " va bene”:

Esempio n.2 . Giudice comprensivo e rispettoso.

E’ terminato  l’esame della persona offesa da parte del  PM.
Giudice :”Con calma. Ha mai dovuto per esempio…, ha mai pensato di non uscire più da sola per….
Dichiarante :” io non esco più da sola. Io sto chiusa in casa. Io esco solo con i miei genitori”
Avv. Difensore dell’ imputato : " Potremmo consentire l’esame, con tutto il rispetto naturalmente, alla Parte civile e poi magari lei fa il riesame, altrimenti creiamo delle anticipazioni…, come il codice d’altronde prevede”
Giudice : "ha ragione Avvocato. Ha ragione, è proprio cosi.! 
E cede la parola all’avvocato della parte civile.

Esempio n. 3 . Giudice  comprensivo ma irritato.

E’ in corso l’esame della persona offesa da parte del PM.
Presidente  del collegio ) : "Lui aveva chiuso la veranda, e ha detto: ho preso il cellulare " 
Dichiarante : "Ho chiamato il mio avvocato. Ho cercato aiuto, ho detto di mandare la polizia ed i carabinieri.”
PM: "Lei è sposata?”
Dichiarante : "si” 
PM : Quale è stata la prima volta che è stata minacciata”
Dichiarante : "Io ad agosto ho chiesto a mio marito di andare via. Infatti ci siamo recati da mio fratello”.
PM : " Dove?”
Dichiarante : " A Rimini, ho il biglietto che ho preso anche una multa”.
Presidente :: "Va bene ma non abbiamo motivo di sospettare che non sia vero”
Dichiarante : perché è diventato assillante, pesante”.
Presidente: " perché voleva questi soldi?”
Dichiarante : " come mi vedeva, signor Giudice, non lo so o aveva qualcuno che lo avvisava, si faceva trovare là…..”
Avvocato difensore  dell’imputato : " Signor Presidente, può limitare i suoi interventi, con tutto il rispetto possibile, a dopo l’esame delle parti? Perché credo che sia opportuno che lei intervenga dopo, come dice il codice, altrimenti lo conduce lei l’esame”
Presidente : " Il richiamo al Tribunale, la ringraziamo il collegio, ma lei non può fare il richiamo al Tribunale. E’ il collegio che richiama le parti, ma non le Parti che richiamano il collegio”.
Avvocato difensore imputato: " No, Presidente, non è un richiamo, volevo…
Presidente: "era un richiamo”
Avvocato "No, volevo sottolineare…”
Presidente "L’abbiamo preso come un richiamo, la ringraziamo, impareremo il mestiere”.
Avvocato difensore : "Io credo che sia l’esame che il controesame…
Presidente  ( sovrapponendosi) "Prego,Pubblico Minsitero, prosegua!”
Avvocato difensore: "….nella disponibilità delle parti. Il Presidente deve intervenire dopo”.
Presidente: " Ci studieremo di nuovo il codice. Ha ragione”
Avvocato : "Presidente, non la prenda così….”
Presidente” Riprenderemo il codice, avvocato. Prego Pubblico Ministero!”.

Il processo è il momento di incontro di avvocati , pubblici  ministeri e giudici.
Una cultura giuridica condivisa può solo far migliorare il prodotto finale.


Filippo Castellaneta              1 novembre 2014 




        




           

Articolo scritto da: avv. Filippo Castellaneta il 01/11/2014
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