LA REVISIONE
ovvero
Il principale rimedio all’errore giudiziario
1.Premessa
La battaglia per dimostrare e far acclarare la innocenza di una persona non si ferma con la irrevocabilità della sentenza ma può proseguire anche oltre il momento processuale che definisce il giudizio.
Il tema della impugnazione della sentenza passata in giudicato con il mezzo della “revisione”, disciplinato dagli articoli 629 e seguenti del vigente codice di rito penale, è un tema affascinante e avvincente della procedura penale e ancor più affascinante e appassionante per chi esercita la funzione difensiva penale.
Avvincente perché la revisione è lo strumento idoneo a ribaltare una sentenza penale di condanna divenuta ormai definitiva, affascinante perché ha come obiettivo la falsificazione postuma di un giudicato penale di colpevolezza nei confronti dell’imputato e quindi pone nel nulla la “precedente” certezza processuale, appassionante per il difensore perché costui ha la possibilità di dimostrare che la sentenza penale di condanna nei confronti del suo assistito era ingiusta, ed in definitiva gli consente di infrangere il tabù del giudicato e di ottenere una vittoria postuma.
Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che infrangere il giudicato, non è semplice, non è facile e soprattutto non capita tutti i giorni ma è un evento processuale straordinario.
2. La revisione quale mezzo di impugnazione straordinario.
Per meglio comprendere il tema oggetto di questo intervento occorre avere ben saldi due concetti giuridici, quello di irrevocabilità della sentenza e quello di mezzo di impugnazione.
a) Irrevocabilità. L’art. 648 cpp detta il concetto “ Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione”. In particolare la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre impugnazione o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile. Se invece vi è stato ricorso per Cassazione la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata la ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile il ricorso. Il decreto penale di condanna è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l’ordinanza che lo dichiara inammissibile.
b) Mezzi di impugnazione. Le impugnazioni sono attività processuali mediante le quali si apre una nuova fase dello stesso procedimento in cui si controlla o si rinnova il giudizio anteriore. L’impugnazione è considerata, quindi, come un atto volontario con il quale l’interessato reagisce contro un determinato provvedimento che ritiene erroneo per motivi di fatto o di diritto e chiede un nuovo giudizio per porre rimedio a tali errori. L’art. 568 c.p.p. comma 1 enuncia il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, indicando sia i casi nei quali possono essere impugnati i provvedimenti del giudice, sia i mezzi di gravame esperibili dalle parti. Ai fini della nostra indagine occorre fare una distinzione, utile alla nostra disamina, dei mezzi di impugnazione, distinguendo tra impugnazioni di merito e impugnazioni di legittimità ( con le prime si provoca un nuovo giudizio su un fatto già deciso dal giudice di primo grado, con le seconde invece si tende ad eliminare un vizio di legittimità del provvedimento conclusivo del giudizio); impugnazioni incidentali ed impugnazioni ordinarie ( le prime si rivolgono contro provvedimenti assunti nelle indagini preliminari o in pendenza del giudizio, le seconde contro le sentenze di primo o secondo grado) ; impugnazioni ordinarie e straordinarie ( le prime si rivolgono contro provvedimenti che non abbiano ancora acquisito l’autorità di cosa giudicata, le seconde, previste dalla legge in via eccezionale, si rivolgono, contro sentenze che hanno già acquisito autorità di cosa giudicata).
Giova anche ricordare, per meglio focalizzare il nostro tema quali sono gli effetti provocati dalle impugnazioni : effetto devolutivo, effetto sospensivo, effetto estensivo. L’effetto devolutivo può essere soggettivo ( devoluzione ad un giudice superiore della controversia), oppure oggettivo (attiene alla ampiezza della cognizione del giudice della impugnazione). In genere vige il principio del tantum devolutum quantum appellatum.
L’effetto sospensivo (consiste nella sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato sia nel corso del termine per impugnare, sia, nel caso di proposizione del gravame durante la pendenza del giudizio di impugnazione). Effetto estensivo : nel caso in cui si proceda contro più imputati per lo stesso reato o per reati diversi l’impugnazione, purchè proposta per motivi non esclusivamente personali, si estende a tutti gli altri imputati.
Riassumendo, ora, in forza di tutti i concetti sopra espressi allora la revisione può definirsi un mezzo di impugnazione straordinario, non sospensivo, non devolutivo ed estensivo mediante il quale e’ possibile rimuovere sentenze di condanna o decreti penali di condanna gia’ irrevocabili, in base a motivi specifici che li fanno apparire ingiusti.
3. Parentesi di carattere storico.
Una volta definito concettualmente l’Istituto occorre fare un excursus di carattere storico o al fine di comprende meglio la ratio, la epistemologia e la metodologia di utilizzo della revisione. Quando nasce la revisione delle sentenze? Nei tempi antichi si prevedeva la possibilità di un rimedio contro le sentenze ingiuste passate in giudicato ma questo era possibile attraverso una domanda di grazia da rivolgersi al principe o al re di turno. Fu l’ordonnance criminelle del 1670 a codificare l’Istituto ma sempre come possibilità per il privato cittadino di chiedere al Re, giacchè costui aveva un potere assoluto, un riesame del giudizio. La rivoluzione francese cancellò l’Istituto. Un decreto del 1793 lo reintrodusse limitandolo al caso della esistenza di due sentenze che si profilassero come inconciliabili tra loro. Il code napoleon del 1808 aggiunse come ulteriore motivo di revisione il caso in cui la sentenza di condanna fosse scaturita a seguito di falsa testimonianza (nel testo dell’articolo si parlava di dimostrazione dell’innocenza del ricorrente con matematica certezza) .
In Italia l’Istituto venne introdotto con il codice del 1865 che ricalcava la legge francese del 1808. Il codice di procedura penale del 1913 ne prevede tre casi (inconciliabilità, prove nuove, falsità in atti o corruzione del giudice), quello del 1930 previde un nuovo caso ( la revocazione della sentenza civile) ma limitò l’ambito di operatività dell’istituto alle ipotesi di insussistenza del fatto o per mancata commissione da parte dell’imputato. La legge 14 maggio 1965 n. 481 apportò una serie di modifiche alla normativa codicistica attenuando il carattere di eccezionalità dell’Istituto. Venne, infatti prevista la possibilità di esperire il rimedio per ottenere qualsiasi pronuncia favorevole ad esclusione della insufficienza di prove e del perdono giudiziale.
4. L’attuale disciplina della revisione : l’art. 629 del codice di rito penale.
Per quel che concerne la revisione non vi è un preciso riferimento di carattere costituzionale, ma l’articolo 24 della Costituzione può essere un punto di riferimento. Il diritto di difesa del cittadino è inviolabile e la legge determina le condizioni ed i modi per la riparazione degli errori giudiziari. E’ questa la scaturigine della revisione.
E’ ovvio che laddove all’errore giudiziario si può rimediare con una revisione della condanna, e quindi eliminare il danno più grave arrecato all’imputato innocente mentre ancora sconta la pena, è opportuno farlo con questo mezzo di impugnazione che è in grado di rimediare all’errore giudiziario eliminando la causa dello stesso ( la sentenza di condanna ingiusta)
La norma dell’art. 630 c.p.p. prevede le ipotesi in cui una sentenza di condanna può essere oggetto di revisione :
1) Inconciliabilità tra due giudicati.
2) Presenza di una sentenza civile o amministrativa successivamente revocata che abbia deciso una questione pregiudiziale.
3) Sussistenza di “nuove prove” che determinano il proscioglimento.
4) Dimostrazione che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.
Analizzando nello specifico le quattro ipotesi:
1) Primo caso di revisione : la inconciliabilità tra due giudicati irrevocabili. Sul punto sono illuminanti le seguenti due sentenze della Suprema Corte :
a) Cass. IV sez. pen. n. 8135 del 28.2.2002 “In tema di revisione, il concetto di inconciliabilità tra due sentenze irrevocabili non deve essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti su cui si fondano le due sentenze”.
b) Cass. sezioni unite 30 marzo 1998 n. 18 “dall’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto al procedimento penale discende che giudice della inconciliabilità dei fatti posti a fondamento del provvedimento di applicazione della misura con quelli stabiliti in una sentenza penale irrevocabile è il giudice della misura, che richiesto di revocare il provvedimento con effetto ex tunc sul presupposto di quella inconciliabilità, ha l’ulteriore potere-dovere di accertare se quei fatti siano stati gli unici presi in esame nel momento di applicazione della misura e, dunque, il potere di respingere la richiesta di revoca qualora, certa quella inconciliabilità, emerga che anche altri erano i presupposti di fatto del provvedimento”.
2) Secondo caso di revisione : (art. 630 lett. b) : condanna fondata su sentenza pregiudiziale civile o amministrativa poi revocata. Casi di scuola sono la revisione a favore di imputato che si scopre essere stato condannato dal Giudice ordinario, mentre al momento del commissi delicti è risultato essere minorenne, oppure, altro caso diverso è quello del condannato per bancarotta che poi ottiene la revoca della sentenza di fallimento
3) terzo caso di revisione : (art. 630 lett. c) ). Le nuove prove. E’ il caso più frequente e più avvincente di revisione. La scoperta di prove nuove o comunque non valutate nel precedente giudizio di merito e cioè nel caso in cui “dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631 c.p.p.”.
4) Quarto caso di revisione : la testimonianza falsa poi accertata con sentenza passata in giudicato potrebbe consentire l’impiego dell’art. 630 lett. a), tuttavia vi possono essere dei casi in cui il processo per falsa testimonianza non può ritenersi concluso perché è intervenuta la prescrizione o l’amnistia.
Altro caso possibile è la consulenza tecnica svolta in maniera fraudolenta. E’ evidente che se una perizia svolta in maniera fraudolenta ha determinato al condanna dell’imputato e se in seguito si scopre che detta perizia erra stata effettuata per favorire qualcuno e danneggiare qualche altro, il difensore può richiedere la revisione in quando la condanna era fondata sulla falsità di un atto istruttorio del precedente giudizio.
5. In particolare la ipotesi di cui all’art. 630 lett. c) la scoperta di “prove nuove”.
Sicuramente la ipotesi più frequente e quella che suscita più discussioni e quella di cui all’art. 630 lett. c).
Necessario comprendere innanzitutto quale è il concetto di prova nuova.
Rientrano nella categoria di prove nuove :
a) prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna;
b) prove scoperte successivamente alla sentenza di condanna;
c) prove non acquisite nel precedente giudizio;
d) prove acquisite e non valutate.
Le prove rientranti in questo catalogo purchè non si tratti di prove ritenute già superflue o inammissibili nel giudizio di merito possono essere valutate al fine di ottenere la revisione del processo.
Dette prove sono valutabili indipendentemente dal fatto che l’omessa conoscenza da parte del Giudice di merito sia dovuta a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato. Ciò, infatti, rileva ai soli fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.
Interessante sul tema una sentenza della Cassazione che, di recente, ha avallato quella teoria, da noi fatta propria della fallibilità della scienza e quindi della superabilità delle opinioni scientifiche. La scienza non fornisce certezze ma solo opinioni verificabili , accettabili al momento ma discutibili successivamente per una naturale evoluzione del sapere.
In questo solco di pensiero si colloca, in tema di revisione per “prove nuove” , la seguente massima “ Ai fini della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico – scientifica di elementi fattuali già noti può costituire “prova nuova” ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. c) c.p.p. quando risulti fondata su nuove metodologie, dal momento che queste ultime, e le applicazioni dei relativi principi tecnico – scientifici, possono condurre non solo a valutazioni diverse, am anche alla cognizione di fatti nuovi, se accreditate e ritenute pienamente attendibili dalla comunità scientifica”. ( Cass. Sez. II 8 marzo 2011 n. 12751 ric Cutaja)
Tra l’altro questa pronuncia conferma un indirizzo ermeneutico ormai pressoché unanime, il quale ritiene ammissibile, ai fini della revisione, una diversa valutazione di elementi fattuali già noti.
6. Le due fasi del processo di revisione. La sentenza ed i suoi effetti.La impugnazione.
La fase preliminare di delibazione, chiamata fase rescindente, è disciplinata dall’art. 634 c.p.p..
Essa è segreta, anche se è richiesto il parere del procuratore Generale.
La istanza di revisione deve essere presentata alla Corte di Appello competente ai sensi dell’art. 11 del codice di rito.
La Corte vaglia la ammissibilità della istanza e cioè stabilisce se la richiesta è presentata nei casi previsti dagli artt. 629 e 630 e con le forme previste dagli artt. 631, 632,633 e 641.
Si ha dunque un preliminare e penetrante controllo preventivo sulla richiesta di revisione : tanto al fine ( come afferma il Tonini nel suo manuale pag. 767 ) “di accertare la serietà della impugnazione straordinaria”.
Se riconosce inammissibile la richiesta la Corte può anche condannare ad una sanzione a favore della Cassa delle ammende.
Se riconosce ammissibile la richiesta si apre il pre dibattimento del giudizio di revisione ( fase detta rescissoria).
La Corte può in qualunque momento ordinare la sospensione della esecuzione della pena o della misura di sicurezza in atto.
In tal caso si osservano le norme previste per il giudizio di primo grado , sia in tema di costituzione delle parti ( contumacia) sia in tema di prove: la parte richiedente dovrà dimostrare attraverso la “novità “ delle prove la innocenza del condannato o quanto meno far sorgere nei giudici il “ragionevole dubbio” sulla sua colpevolezza.
Al termine del processo di revisione la Corte pronuncia sentenza ai sensi dell’art. 637 c.p.p. : in caso di accoglimento il giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo.
Nel caso in cui il condannato sia defunto, la Corte nomina un curatore che ne esercita i diritti.
Nel caso di proscioglimento la Corte, come prevede l’art. 639 c.p.p., ordina la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere. Ordina anche la restituzione delle somme eventualmente confiscate.
La sentenza di proscioglimento, a richiesta dell’interessato, è affissa per estratto a cura della cancelleria nel comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunziata e in quella della ultima residenza del condannato.
La parte può anche richiedere che la sentenza venga pubblicata “in un giornale” sempre a cura della cancelleria.
Chi è stato prosciolto in sede di revisione ha diritto a una riparazione commisurata alla durata della eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna.
La riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero mediante la costituzione di una rendita vitalizia.
Ai sensi dell’art. 640 c.p.p. la sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è soggetta al ricorso per Cassazione.
I casi di ricorso per Cassazione sono quelli prevsiti dall’art. 606 c.p.p.
Avv. Filippo Castellaneta