DICHIARATA DALLA CORTE COSTITUZIONALE LA ILLEGITTIMITA’ DELLE NORME CHE PARIFICARONO DROGHE LEGGERE E DROGHE PESANTI E MODIFICARONO L’ART. 73 DEL DPR 309 /1990. 1. La vicenda. La Cassazione, sezione terza penale, a maggio 2013 emise la seguente ordinanza: “ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva, nei termini dianzi indicati questione di legittimità costituzionale : “ a) dell’art. 4 bis del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272, introdotto dalla legge di conversione 21 febbraio 2006 n. 49, nella parte in cui ha modificato l’art. 73 del testo unico sulle sostanze stupefacenti di cui al DPR 9 ottobre 1990 n. 309, e segnatamente nella parte in cui sostituendo i commi 1 e 4 dell’art. 73, parifica ai fini sanzionatori le sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dal previgente art. 14 a quelle di cui alle tabelle I e III, e conseguentemente eleva le sanzioni per le prime dalla pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.164 ad euro 77.468 a quella della reclusione da sei a vent’anni e della multa da euro 2600 ad euro 260.000; b)all’art. 4 –vecies-ter, comma 2 lett.a) e comma 3, lett.a) n.6, del medesimo decreto legge, nella parte in cui sostituisce gli artt. 13 e 14 del DPR 309/1990, unificando le tabelle che identificano le sostanze stupefacenti, ed in particolare includendo la cannabis e i sui prodotti nella prima di tali tabelle, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., in via principale sotto il profilo della estraneità delle nuove norme inserite dalla legge di conversione all’ oggetto, alle finalità ed alla ratio dell’originale decreto legge e, in via subordinata, sotto il profilo della evidente carenza del presupposto del caso straordinario di necessità e urgenza” Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2013. Il decreto legge n. 272 del 2005 ( poi convertito in legge n. 49/2006), di fatto eliminò il testo originario dell’art. 73 del DPR 309/90 che prevedeva un differente trattamento sanzionatorio a seconda che l’attività illecita riguardasse droghe c.d. “leggere “ o droghe c.d. “pesanti”. Il comunicato ufficiale della Consulta è il seguente : “ Nell’odierna camera di consiglio la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale- per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti –legge- degli articoli 4-bis e 4 vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006 n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309 (testo unico in materia di stupefacenti)” In questo modo decade la equiparazione tra droghe leggere e pesanti dal punto di vista sanzionatorio. La bocciatura della legge ( Fini-Giovanardi) che disciplina la materia provoca la reviviscenza della precedente legge ( Iervolino- Vassalli), nella forma modificata dal referendum del 1993 che prevedeva pene più leggere per le sostanze stupefacenti alla cannabis. Pertanto da oggi 13 febbraio 2014 è in vigore il seguente testo : “Chiunque senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, coltiva, produce , fabbrica, estrae, raffina, vende, offre omette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori delle ipotesi previste dall’art. 75, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’ art. 14, è punito con la reclusione da 8 a 20 anni e con la multa € 26.000 ad € 260.000”. “Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’art. 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, è punito con la reclusione da 8 a 22 anni e con la multa da € 26.000 ad € 300.000” “Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione” “Se taluno dei fatti previsi dai commi 1 e 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall’art. 14, si applicano la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da € 5.100 ad € 75.000” 2.Sviluppi applicativi. a) Processi in corso. La normativa si applica da subito ai processi in corso e comporta sin da oggi la applicazione delle sanzioni che erano previste prima delle modifiche operate del dal decreto del dicembre 2005 poi convertito in legge dalla 49/2006. Ne consegue che ritornano in vigore le tabelle previste dall’art. 14 del DPR 309/1990 e quindi nel caso di possesso di sostanze stupefacenti occorrerà verificare se le droghe in uso all’imputato erano appartenenti alle tabelle I o III ( nel qual caso si applica il trattamento sanzionatorio più grave) o alle tabelle II o IV ( nel qual caso si applica il trattamento sanzionatorio più lieve). b)Processi conclusi. Gli imputati che fossero stati condannati per delitti di cui all’art. 73 comma 1 perché trovati in possesso di sostanze stupefacenti, di non modica quantità, appartenenti alle tabelle II o IV dell’art. 14, ed ai quali è stato applicato il trattamento sanzionatorio modulato in forza dei parametri edittali previsti dalla legge dichiarata incostituzionale, potranno chiedere con un incidente di esecuzione la modifica della sanzione e il ricalcolo in base alla previsione normativa orientata costituzionalmente . c) La applicabilità dell’istituto della revisione . Non è da escludere l’utilizzo dell’Istituto della revisione laddove si ci trovi di fronte a procedimenti conclusi per i quali siano sorti problemi di applicazione della nuova fattispecie rispetto alla precedente ( o per problemi connessi al tempus commissi delicti o per altre ragioni). Come è noto la Corte Costituzionale ha già dichiarato possibile la revisione del processo in forza di una sopravvenuta pronuncia della Corte di Giustizia Europea che abbia dichiarato il processo “non equo” ( sentenza n. 113/2011 rel Frigo). Alla stessa stregua dovrebbe essere possibile chiedere la revisione se una condanna è stata fondata su una norma dichiarata incostituzionale . A tal proposito parrebbe venire in soccorso la norma dell’art. 673 c.p. che stabilisce : “Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti”. E’ facile però verificare, tuttavia, che la sentenza di ieri non ha abrogato la norma incriminatrice ma, né ha dichiarato la incostituzionalità in riferimento alle modalità di determinazione della sanzione, in quanto la modifica del 2005 avrebbe inserito nello stesso paniere sanzionatorio fatti gravi e fatti meno gravi. Ma, attenzione è proprio dei giorni scorsi ( 31 gennaio) la sentenza ( n. 4725 /2014) con la quale la I sez. penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle sezioni Unite la questione della revisione della pena in sede esecutiva ( questione relativa alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 69 comma 4 c.p. ) chiedendo al Supremo Collegio se non sia possibile prevedere la revisione del giudicato anche in presenza della incostituzionalità di una norma che incida sul trattamento sanzionatorio ( come quella che, ora consente il giudizio di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva). Come è facile notare , la materia è quanto meno…… “ in fermento”. Avvocato Filippo Castellaneta