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Diritto al risarcimento per esecuzione ingiusta della pena

Diritto al risarcimento per esecuzione ingiusta della pena

Ingiusta detenzione: il diritto alla riparazione ai sensi dell’art. 314 c.p. sussiste anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena.

IL DIRITTO ALLA RIPARAZIONE AI SENSI DELL’ART. 314 C.P. VA RICONOSCIUTO ANCHE OVE L’INGIUSTA DETENZIONE PATITA DERIVI DA VICENDE SUCCESSIVE ALLA CONDANNA, CONNESSE ALL’ESECUZIONE DELLA PENA, PURCHÈ NON RICORRA UN COMPORTAMENTO DOLOSO O GRAVEMENTE COLPOSO DELL’INTERESSATO CHE SIA STATO CONCAUSA DI ERRORI O RITARDI NELL’EMISSIONE DEL NUOVO ORDINE DI ESECUZIONE RECANTE LA CORRETTA DATA DEL TERMINE DI ESPIAZIONE DELLA PENA.

1. Il caso.

Con ordinanza del 30 marzo 2021 la Corte di Appello di Roma rigettava la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta dall’istante per aver subito la privazione della libertà personale per n. 722 giorni in più di carcerazione rispetto alla pena determinata nel provvedimento di cumulo del pubblico ministero, in cui si era tenuto conto dei giorni di liberazione anticipata concessi al detenuto.
La Corte di Appello di Roma rigettava la richiesta in quanto riteneva che non spettasse il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione nei casi di mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita, qualora tale differenza sia giustificata da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena.
L’istante però ricorreva per Cassazione deducendo un vizio di motivazione nell’ordinanza della Corte territoriale e facendo rilevare come la differenza tra pena inflitta e pena eseguita dipendesse da un calcolo errato, in violazione dell’art. 78 c.p., avvenuto nel periodo di esecuzione della pena e vi sarebbe stato tutto il tempo per stabilire un fine pena corretto, che avrebbe escluso il ricorso all’art. 314 c.p.p. 

2. La Suprema Corte sul riconoscimento dell’indennizzo nel caso in cui l’ingiusta detenzione derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena.

La Corte Suprema di Cassazione Sezione IV Penale con la sentenza n.28452 depositata il 20 luglio 2022 ha ritenuto il ricorso proposto fondato, sulla base delle seguenti osservazioni.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 310 del 1996 ha dichiarato illegittimo l’art. 314 c.p.p. nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e per violazione dell’art. 5 della Convenzione E.D.U., che prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste senza distinzioni di sorta.
Quanto ai presupposti per il riconoscimento del diritto, inizialmente la Corte di legittimità era orientata nel ritenere non configurabile il diritto alla riparazione ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita fosse determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardassero la determinazione della pena eseguibile.
Al contrario, il criterio interpretativo attualmente prevalente e abbracciato dalla Suprema Corte nella sentenza in commento riconosce il diritto alla riparazione ai sensi dell’art. 314 c.p.p. anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, purchè non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell’emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena, con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazione di legge da parte dell’autorità procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all’esercizio di un potere discrezionale. 

3. Conclusioni.

Dunque, anche in fase di esecuzione della pena è fondamentale riconoscere al condannato, cui sia stato applicato un fine pena calcolato erroneamente e che abbiapertanto subito una scarcerazione tardiva, l’indennizzo previsto dall’art. 314 c.p.p. purchè l’errore nel calcolo non sia determinato da dolo o colpa grave dell’istante.

Avv. Rosanna De Canio

Articolo scritto da: avv Rosanna De canio il 17/09/2022
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